La Bosnia - e Sarajevo al suo epicentro - è un enigma, un rompicapo, come molti altri contesti del post-conflitto etno-politico, proprio del nostro tempo, segnati da divisione e frammentazione. Nel duplice incontro (il 13 ed il 14 Agosto) prima con Mersiha Behlulovic poi con l’intero ufficio della Unità Tecnica Locale (UTL) della Cooperazione Italiana a Sarajevo, emerge un quadro sufficientemente chiaro della complessità del contesto, dello scenario e degli attori (gli stake-holders) che si muovo sul teatro bosniaco (e di Sarajevo, in particolare). Ad esempio, partendo dalla dimensione macro, l’assetto istituzionale è un vero e proprio rompicapo post - Dayton (accordo firmato il 14 dicembre 1995) che organizza la Bosnia Erzegovina in due (e mezzo) unità co-costituenti: la prima, la federazione croato-musulmana che occupa il 51% del territorio ed ospita quasi il 60% della popolazione, la seconda, la Republika Srpska, come detto, anche denominata Repubblica Serba di Bosnia, che ne occupa il 49% del territorio e ne ospita quasi il 40% della popolazione e, infine, staccato da quest’ultima non senza aspetti controversi, sia dal punto di vista giuridico sia sotto il profilo territoriale, il cosiddetto “distretto autonomo” (in realtà facente parte dell’entità serba) di Brčko, reso autonomo non tanto per una questione di assetti territoriali od istituzionali, bensì, a quanto si apprende, “semplicemente” per impedire ai serbi il controllo separato dello spazio aereo nord-occidentale.
Fonte: http://www.balcanionline.it/archivio/distretto-Brcko.aspx
Fonte: http://www.balcanionline.it/archivio/distretto-Brcko.aspx
Se regge come Stato indipendente e come attore della Comunità Internazionale (aspetto, peraltro, da non sottovalutare, considerate le devastazioni e le conseguenze del conflitto), la Bosnia Erzegovina, tuttavia, difficilmente sembra reggere come organismo (sociale, comunitario, istituzionale) unitario. Ciascuna delle due entità maggioritarie co - costituenti, infatti, ha un proprio Presidente (come testimonia, giusto per citare un esempio, il monumentale Palazzo Presidenziale a Banja Luka), proprio premier e propri ministri. Le funzioni amministrative, di sicurezza e di polizia sono autonome, mentre presidenza e governo federale sono collegiali e la presidenza è assunta a turno e a rotazione (tra bosniaci musulmani, croati e serbi). Il che significa che, tra livello federale ed ambiti autonomi, come ricorda Mersiha, si conta qualcosa come 126 ministri (!): ad esempio, il governo federale, da solo, conta nove ministri, tre per ciascuna delle tre entità costituenti. Alla spasmodica cifra di 126 si arriva sommando le cariche ministeriali afferenti a tutti i diversi livelli della complessa ripartizione amministrativa del Paese, dal momento che le singole repubbliche sono articolate in distretti (cantoni) ed ogni distretto ha un suo consiglio ed una sua giunta autonomi. Una pletora, sostanzialmente burocratica ed inefficiente, davanti la quale non sai se fa premio l’applicazione di una mera operazione di ingegneria istituzionale o la volontà di lasciare che, nella sostanza, tutto rimanga com’è, mascherando dietro la cortina fumogena istituzionale della composizione federale la volontà delle comunità di continuare a vivere come dopo la guerra, da separati in casa.
Fonte: http://www.state.gov/www/regions/eur/bosnia/bosagree.html
Fonte: http://www.state.gov/www/regions/eur/bosnia/bosagree.html
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