giovedì 22 marzo 2018

Kosovo: quando la guerra «ferma» il tempo


Foto di Arben Llapashtica, via Wikimedia Commons


Sembra incredibile, ma le cose stanno così: tutti gli orologi attivati da rete elettrica in Europa, come ad esempio, ma non solo, gli orologi delle radio-sveglie, dei forni elettrici, del riscaldamento elettrico, sono sistematicamente in ritardo, accusano cioè un ritardo, che si è progressivamente accumulato a partire dal gennaio di quest’anno, che ammonta adesso a circa sei minuti. 

La spiegazione più immediata sta in una “irregolarità” nella frequenza della rete elettrica europea, come ha confermato un comunicato emesso lo scorso 6 marzo dalla ENTSOE, la Rete Europea degli Operatori dei Sistemi di Trasmissione dell’Elettricità, vale a dire la rete degli operatori di rete elettrica attivi nel cosiddetto «Continental European Power System», un’area comune di frequenza elettrica sincronizzata, che abbraccia 25 Paesi e che si estende dalla Spagna alla Polonia e dai Paesi Bassi alla Turchia. Qui, dalla metà del gennaio 2018 – riporta il comunicato – «si sta verificando una continua deviazione nella frequenza di sistema rispetto al valore principale di 50 Hz». 

Perché questo scostamento sia così significativo e possa avere effetti così paradossalmente rilevanti, è lo stesso comunicato a spiegarlo, quando specifica che un sistema elettrico sincronizzato è un sistema ad ampio raggio (in termini tecnici, una griglia di elettricità) che copre diversi Paesi che operano sulla base di una frequenza sincronizzata e che è tenuta insieme, sotto il profilo elettrico, in normali condizioni di sistema. Nell’Europa continentale, tale frequenza sincronizzata è pari a 50 Hz. 

Tuttavia «affinché il sistema funzioni correttamente, la frequenza non può essere inferiore a 47.6 Hz. e superiore a 52.4 Hz. Ai valori-limite di 47.5 Hz. (sotto-frequenza) e di 52.5 Hz. (sovra-frequenza) i dispositivi collegati si disconnettono automaticamente. La frequenza media a partire da metà gennaio del 2018 sino ad oggi è stata di 49.996 Hz.» inferiore ai 50 Hz. della frequenza media di sincronizzazione. Questo determina il ritardo. 

Vi è un ammanco di energia attualmente pari a 113 GWh. La conseguente riduzione della frequenza sotto i 50 Hz. provoca un ritardo, oggi pari a sei minuti, in tutti gli orologi alimentati dall’energia elettrica nel continente europeo. Ma cosa ha determinato questo vero e proprio, sorprendente, «rallentamento del tempo»? 

«Le deviazioni di potenza» – spiega il comunicato della ENTSOE – «hanno origine nella zona di controllo denominata Serbia, Macedonia, Montenegro (SMM) e, in particolare, in Kosovo e Serbia». E la questione, che a prima vista sembrava ascrivibile a mere motivazioni “tecniche”, finisce per avere invece risvolti e ragioni ben più profonde, politiche: «I disaccordi politici che contrappongono le autorità della Serbia e del Kosovo hanno determinato questo impatto sull’elettricità. Se non sarà trovata una soluzione a livello politico, il rischio di tale deviazione potrà permanere». 

Da quanto si apprende, infatti, proprio a partire dalla metà del gennaio di quest’anno, il Kosovo ha iniziato a consumare più elettricità di quanta ne produce, in relazione ai parametri di produzione e di consumo stabiliti e regolati a livello europeo. Questo ammanco di energia non è stato ripianato e, pertanto, dal momento che il sistema elettrico europeo è interconnesso e i valori regolati in maniera tale da coinvolgere tutti i Paesi connessi nella rete, l’ammanco ha causato un geometrico «effetto domino» da un capo all’altro del continente. 

Come è stato riferito dalla stampa, se vi è uno squilibrio da qualche parte, questo si riverbera sulle altre parti; se vi è una riduzione, questa porta a una lenta diminuzione della frequenza. E così, a cascata, la mancata soluzione dei problemi del Kosovo e lo stallo negli accordi tra Belgrado e Prishtina, ha finito per riverberarsi sul continente. 

Che la controversia richieda una soluzione di natura politica, lo dimostra il tenore delle reciproche accuse tra autorità serbe e kosovare: l’operatore elettrico serbo ha precisato che, nei mesi di gennaio e febbraio, le autorità kosovare hanno prelevato, senza autorizzazione, energia elettrica dall’area continentale europea di sincronizzazione, determinando quindi l’ammanco, la riduzione di frequenza, e il ritardo negli orologi; viceversa, dall’operatore elettrico kosovaro hanno riconosciuto che energia elettrica sia stata stornata nel Kosovo settentrionale, fuori dal controllo delle autorità centrali kosovare, e tuttavia quei consumi elettrici non sono stati pagati all’ente elettrico. 

Il Nord del Kosovo, a maggioranza serba e legato a Belgrado, è in ampia misura fuori dal controllo delle autorità centrali, a maggioranza albanese, del Kosovo. Anche questa situazione è figlia di una controversia politica: Belgrado e Prishtina hanno pattuito un Accordo sull’Energia nel 2015 finalizzato alla costituzione, da parte dell’ente elettrico della Serbia, di una propria controllata per la fornitura dell’energia elettrica in Kosovo, per le municipalità a maggioranza serba della regione; ma l’accordo non è stato implementato, la compagnia prevista non è stata ancora registrata e autorizzata, e le autorità kosovare mostrano, nel migliore dei casi, una certa “indolenza”, nell’implementazione di questi accordi, finalizzati, con altri, alla normalizzazione delle relazioni tra le due “capitali”. 

Il primo accordo di principio per la normalizzazione delle relazioni risale, ormai, al 19 Aprile 2013, l’epoca dei famosi, storici, Accordi di Bruxelles, o Brussels Agreement. Quasi cinque anni di ritardi. E sei, incredibili, minuti.