martedì 20 febbraio 2024

Johan Galtung (24 ottobre 1930 - 17 febbraio 2024)

International Students’ Committee, Johan Galtung in May 2011 at the 41. St. Gallen Symposium, University of St. Gallen, via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0

 
Con la scomparsa di Johan Galtung, l’intera comunità degli uomini e delle donne amanti della pace, e della «pace con giustizia», e al suo interno la comunità, di elaborazione e di pratiche, degli operatori e delle operatrici di pace, a tutte le latitudini, è, da oggi, più sola. Se ne va una figura essenziale, seminale, un imprescindibile, della modalità con la quale guardiamo (e interpretiamo) i conflitti, micro, meso, macro, persino mega, come talvolta amava richiamare, e della modalità con la quale interveniamo (e trasformiamo) nei conflitti, alimentando, sul sentiero della ricerca e dell’azione da lui tracciato, la speranza del “trascendimento”.

Nato a Oslo nel 1930, dottore di ricerca in matematica (1956) e in sociologia (1957), è stato docente di Scienze per la pace ed esperto nella mediazione e risoluzione dei conflitti. È il creatore del Metodo Transcend per il trascendimento dei conflitti e il fondatore della Rete Transcend per la pace, lo sviluppo e l’ambiente, nonché, precedentemente, dell’Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Oslo (1959) e del Journal of Peace Research (1964). Ha insegnato in numerose università in tutto il mondo, ad esempio ad Oslo, Berlino, Parigi, a Santiago del Cile, a Buenos Aires, ma anche a Princeton, alle Hawaii, e ad Alicante. È stato professore onorario alla Freie Universität di Berlino (1984-1993), dal 1993 professore illustre di Studi sulla pace alla Università delle Hawaii e dal 2005 illustre “visiting professor” presso la John Perkins University.

Il suo impegno si è svolto sia nel campo della ricerca sia nell’ambito della mediazione e della risoluzione dei conflitti. Sono oltre 150 i conflitti, sia di carattere internazionale, sia di ambito sociale, in cui è stato impegnato. È autore di 96 libri e di oltre 1700 tra articoli e capitoli. Tra i vari riconoscimenti, ha conseguito nel 1987 il «Right Livelihood Award», il Nobel per la Pace alternativo e, tra i più recenti, il titolo di laurea honoris causa in scienze politiche presso la Universidad Complutense di Madrid (2017). Importantissima, d’altro canto, anche la sua frequentazione italiana: indimenticabile la lectio magistralis da lui tenuta al convegno del Centro Studi SOUQ del 13 dicembre 2013, nell’Aula magna dell’Università degli Studi di Milano; non meno indimenticabile la sua lectio magistralis (“Necessità e importanza di un Centro per la prevenzione dei conflitti armati”) in occasione del Convegno nazionale su “La prevenzione dei conflitti armati e la formazione dei corpi civili di pace”, tenuto a Vicenza il 3-5 giugno 2011 e che rappresentò un contributo decisivo per rilanciare il percorso per la costruzione dei corpi civili di pace e per riaffermare l’importanza cruciale della formazione degli operatori e delle operatrici. Fu, al tempo stesso, un vero e proprio incontro di pace e di cittadinanza.

Con lui se ne va la figura, sia consentita una simile digressione, di un vero e proprio “rivoluzionario”: per le sue teorie, profonde e innovative, riguardanti l’analisi “sul” conflitto e l’intervento “nel” conflitto, e in quanto fonte di ispirazione nei vasti campi della costruzione della pace. Il suo contributo sull’importanza determinante, retroagente, degli orientamenti culturali (attitudes) e delle contraddizioni strutturali (contradictions) nella dinamica dei conflitti; la sua interpretazione del conflitto come manifestazione di “incompatibilità” causate dall’azione di «culture profonde» e «strutture profonde»; il suo approccio, olistico e razionale, alla dinamica del conflitto e alla costruzione della pace, restano contributi decisivi sui quali si fonda una moderna ricerca per la pace, e a partire dai quali occorre impostare una coerente iniziativa di trasformazione e di trascendimento.

Tanto è arduo sintetizzare in poche righe il contributo di Galtung alla ricerca e alla prassi della costruzione della pace, quanto è impensabile tacere di altri suoi contributi, per alcuni versi più specifici, per altri più generali, della sua elaborazione intellettuale, della sua ricerca concreta. Nessun operatore o operatrice di pace potrebbe oggi fare a meno degli elementi fondamentali indicati da Galtung per il lavoro di pace: empatia, nonviolenza, creatività. La creatività (innovazione) concepita come «la capacità di andare oltre le cornici mentali delle parti in conflitto, aprendo la strada a nuove modalità di concepire la relazione sociale». L’empatia (sentire insieme) intesa come «la capacità di una comprensione profonda ... dell’Altro». La nonviolenza, in definitiva, come «la duplice capacità di resistere alla tentazione di affidarsi alla violenza e di proporre soluzioni nonviolente concrete». Questa capacità agisce sia ai fini della risoluzione del conflitto, sia nella prevenzione della violenza.

Attraverso questa filigrana, si legge un altro contributo imprescindibile ispirato da Galtung per il lavoro di tutti gli attivisti e le attiviste e di tutti i sinceri amanti della «pace con giustizia», un contributo cui l’intera, vasta e plurale, comunità di Pressenza, mai potrebbe restare indifferente: il “giornalismo di pace”. «Per parlare di giornalismo di pace, bisogna parlare di pace. Per parlare di pace, bisogna parlare di conflitti e della loro risoluzione. Per parlare di risoluzione dei conflitti, bisogna parlare del profondo coinvolgimento degli Stati Uniti in molti conflitti globali. Il ruolo del giornalismo non è solo quello di raccontare il mondo, ma anche di rendere gli attori chiave - Stati, capitali, persone - trasparenti gli uni agli altri. Il ruolo del giornalismo di pace è quello di identificare le forze e le controforze a favore e contro la pace e di renderle visibili con la loro dialettica, creando risultati che potrebbero rappresentare potenziali soluzioni» (Galtung, 2015).

Ci lascia un patrimonio, di ricerche e di pratiche, vastissimo per quantità e inestimabile per qualità. Il suo Metodo Transcend è stato tradotto in italiano grazie al prezioso lavoro degli amici e delle amiche del Centro Studi Sereno Regis (Torino, 2006); il Centro Gandhi ha pubblicato il saggio Alla scoperta di Galtung (Pisa, 2017); l’Università di Pisa il suo Affrontare il conflitto. Trascendere e trasformare (Pisa, 2014). Se ne va un grande costruttore di pace; resta il suo messaggio prospettico, profondo, di nonviolenza, di pace e di giustizia.

lunedì 1 gennaio 2024

Riprendiamo e rilanciamo l’esperienza dei Corpi Civili di Pace.


Foto di Pax Christi Italia: FB @PaxChristiIT

 
Documento a conclusione della prima giornata del Convegno di Gorizia/Nova Gorica "Negoziare la Pace" (30 dicembre 2023) appuntamento di fine anno di Pax Christi Italia con il Comitato permanente per la Pace di Gorizia e Nova Gorica.


I Corpi Civili di Pace rappresentano una proposta complessiva di società civile per la prevenzione e il contrasto della guerra, per la concretizzazione della diplomazia dei popoli, per la promozione e la costruzione della pace. Essi ereditano e fanno propria una lunga tradizione di pensiero e di pratiche di società civile e movimenti popolari per la pace, i diritti umani e la nonviolenza, dalle Shanti Sena di ispirazione gandhiana alle World Peace Brigades, dai Caschi Bianchi alla promessa, ispirata da Alex Langer e altri/altre, di Corpi Civili di Pace Europei.

Ad essi fanno riferimento documenti ed esperienze capaci di ispirare i percorsi del nostro tempo: a partire dalla Agenda per la Pace (1992) del Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali con le definizioni di peace-keeping, peace-making, peace-building e diplomazia preventiva, e quindi le numerose e ricchissime esperienze di interposizione e di mediazione di pace della società civile, dalle marce per la pace nella ex Jugoslavia alle esperienze di interposizione nonviolenta nei conflitti, dall’esperienza delle Ambasciate di Pace in zona di confitto, in particolare in Iraq e in Kosovo, alle più recenti sperimentazioni per Corpi Civili di Pace.

I Corpi Civili di Pace sono infatti un potente strumento di impegno civile, non armato e nonviolento, “sui” e “nei” conflitti: uno strumento per agire “sui” conflitti, per studiarli e interpretarli, comprenderne le moderne modalità di articolazione, e per intervenire “nei” conflitti, per contenerne la dinamica, impedirne l’escalazione, prevenirne l’insorgenza, avviarne la trasformazione, superarli nel senso della costruzione della pace.

Come le organizzazioni di società civile hanno più volte sperimentato nei loro progetti, non solo l’intervento si svolge nel quadro di una progettazione condivisa, in tutte le sue fasi, con gli operatori e le operatrici locali, ma può concretizzarsi solo su «richiesta leggibile» da parte degli operatori e delle operatrici dei contesti di destinazione, che attivano e concretizzano, quindi, la richiesta di un intervento che avvenga a supporto degli attori di pace locali nel loro impegno per la de-escalazione, per i diritti umani e per la costruzione della pace.

In coerenza con queste premesse, i Corpi Civili di Pace possono sviluppare, in ambito civile, relazioni di collaborazione con altre organizzazioni di società civile purché queste abbiano scelto una modalità di azione sinceramente ispirata ai valori della pace e dei diritti umani, mostrando, al tempo stesso, una potenzialità di impatto positivo sul conflitto, ai fini della sua gestione, soluzione e trasformazione nonviolenta.

Viceversa, per quanto concerne l’ambito militare, «con attori armati - regolari e non regolari - non sono ammesse forme di collaborazione o sinergia né scorta armata; può esserci dialogo finalizzato alla gestione nonviolenta del conflitto o scambio di informazioni sulla sicurezza, ove questo non pregiudichi la legittimità nonviolenta della missione, in termini di modalità d’azione e di ricezione presso le parti», così come evidenzia il documento su “Identità e criteri degli Interventi Civili di Pace italiani”, elaborato, nel 2011, dal Tavolo Interventi Civili di Pace.

Sul campo, dunque, si possono attivare collaborazioni con altre realtà di società civile, agenzie di organizzazioni internazionali, istituzioni pubbliche, solo se tali rapporti non minano l’indipendenza e l’imparzialità della missione.

Come tante volte le realtà di società civile hanno saputo concretizzare nelle loro attività e nei loro progetti di prevenzione della violenza e di costruzione della pace, si tratta di essere, quanto più possibile, «neutrali rispetto alle parti in conflitto, ma mai neutrali di fronte alle grandi violazioni dei diritti umani», avendo come bussola la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti umani, i principi fondativi del diritto e della giustizia internazionale, e facendo affidamento su una formazione e una preparazione solide ed efficaci.

I Corpi Civili di Pace sono, infatti, una modalità di intervento civile, non armato e nonviolento, posta in essere da squadre di civili, professionisti e volontari, che, come terze parti, sostengono gli attori locali nella prevenzione della violenza, nella gestione e trasformazione del conflitto, nella costruzione della pace.

L’impegno della società civile, nel contesto dell’attivazione di Gorizia e Nova Gorica come Capitale Europea della Cultura 2025, può dunque alimentare e rinnovare la proposta di trasformare Nova Gorica con Gorizia in un vero e proprio epicentro di elaborazione e formazione per Corpi Civili di Pace e, in prospettiva e con altre realtà sulla scena nazionale e internazionale, in un vero e proprio laboratorio planetario di pace e giustizia.

È più che mai opportuno, in questo senso, rilanciare un percorso, nel quadro di Gorizia e Nova Gorica Capitale Europea della Cultura, finalizzato alla costruzione di un vero e proprio «Centro internazionale di elaborazione e di formazione per Corpi Civili di Pace». Come nelle migliori esperienze sviluppate in tal senso, a partire da un forte radicamento locale, capace di veicolare consenso e partecipazione intorno ai contenuti della proposta, ci si propone di promuovere una proficua convergenza tra enti, istituzioni scientifiche e accademiche, organizzazioni e reti della società civile, per sviluppare le due direttrici di tale impegno: un Centro internazionale, basato a Gorizia e Nova Gorica, per la formazione degli operatori e delle operatrici dei Corpi Civili di Pace e per l’elaborazione di analisi e strumenti per la prevenzione della violenza e la trasformazione positiva dei conflitti.