giovedì 15 settembre 2016

#lapaceèunafesta

Il Comune di Monteforte Irpino, in collaborazione con la Confederazione Islamica Italiana, l'IPRI (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace) - Rete CCP (Corpi Civili di Pace), l'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) Avellino, l'Associazione Culture e Memorie “Lidia Menapace”, wwwitalia, ildialogo.org - periodico di cultura, politica e dialogo inter-religioso, organizza l'evento pubblico


Monteforte verso Assisi: #lapaceèunafesta


in occasione della Giornata internazionale delle Nazioni Unite per la Pace


La Giornata Internazionale per la Pace del 21 Settembre è l'occasione nella quale le Nazioni Unite invitano tutte le persone, le popolazioni e i governi del mondo a riflettere sul significato della pace, ad aderire ai principi della nonviolenza nella risoluzione delle controversie ed a rispettare il cessate il fuoco per la fine delle ostilità e la promozione della pace, in particolare, una “pace con giustizia”.
La giornata è stata istituita con la risoluzione 36/67 della Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1981 ed è stata confermata, come giornata internazionale della pace, della nonviolenza e del cessate il fuoco, ancora una volta dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 55/282 del 2001, fissando la ricorrenza al 21 settembre. Per tutte e tutti noi, si tratta di una occasione doppiamente significativa, alla vigilia dell'importante appuntamento della Marcia Perugia - Assisi della Pace e della Fraternità, il 9 Ottobre, promossa da Tavola per la Pace e Rete della Pace.

Mercoledì 21 settembre 2016, ore 19.00

Atrio - Casa Comunale - Monteforte Irpino
Via Loffredo


Saluti di: Costantino Giordano, Sindaco di Monteforte Irpino;
Salvo Meli, Consigliere Comunale delegato alle Politiche Giovanili, Pari Opportunità, Diritti Civili.

Moderatrice: dott.ssa Eleonora Davide, giornalista

Interventi di:

Giovanni Capobianco – Presidente Provinciale ANPI Avellino
Massimo Abdallah Cozzolino – Segretario Generale Confederazione Islamica Italiana
Maria Teresa Iervolino – Associazione Culture e Memorie "Lidia Menapace"
Domenica Marianna Lomazzo – Consigliera Regionale di Parità
Gianmarco Pisa – Istituto Italiano di Ricerca per la Pace – Rete Corpi Civili di Pace
Giovanni Sarubbi – direttore www.ildialogo.org

Ospite: Avv. Romina Amicolo – Coordinatrice Centro Antiviolenza Ambito A02

Intermezzi Musicali a Cura dell’Associazione “Neafonè”

La serata sarà introdotta dalla proiezione di un filmato (15 min.) sulla Marcia Perugia-Assisi. L'evento è in preparazione della Marcia Perugia - Assisi, domenica 9 ottobre 2016, per la quale è programmata la partenza da Monteforte Irpino, luogo di ritrovo Piazza Umberto I, alle ore 06.30.

Link utili:

ildialogo.org

reteccp.org

retedellapace.it

perlapace.it

perugiassisi.org


Manifesto e Comunicato (a cura de ildialogo.org)

Un "autunno caldo" per i Balcani?


Nell'approssimarsi della nuova missione in loco del progetto PRO.ME.T.E.O. (Productive Memories to Trigger and Enhance Opportunities) per Corpi Civili di Pace in Kosovo, progetto sostenuto dal Comune di Napoli, una traccia di analisi sulle tensioni e i conflitti nella regione, i prossimi eventi e le prospettive della pace.

 
Monumento Jugoslavo alla Fratellanza e Unità, Prishtina, Kosovo

 
La riapertura della stagione politica dopo la pausa estiva, che, convenzionalmente, potremmo fare coincidere con la ripresa dei lavori del complesso delle istituzioni comunitarie, il 12 settembre, coincide anche con l'apertura di un mese-chiave, a cavallo tra settembre ed ottobre, nello spazio post-jugoslavo. Il rinnovato interesse della regione, alla luce della dinamica intrinseca delle relazioni trans-balcaniche e in relazione al potenziale che essa riveste per l'allargamento europeo e per il futuro stesso dell'Unione Europea, è scandito anche dalla preoccupante riapertura di focolai di tensione che vedono le linee di maggiore tensione tra Banja Luka e Sarajevo, in Bosnia, tra Belgrado e Zagabria, ed in Kosovo. 
Intervistato dall'independent.mk, portale di informazione macedone in lingua inglese, il professore di studi per la sicurezza, Stojan Slaveski, ha di recente confermato che «tensioni, conflitti e incidenti sono possibili nella regione, tuttavia ritengo che la situazione sia comunque lontana da quello che abbiamo conosciuto in passato. Assisteremo a conflitti, scontri politici e religiosi, radicalizzazione, crisi dei rifugiati. Tutto questo deriva dalla mancata integrazione dei Balcani nell'Unione Europea. Tutt'oggi, le aree più problematiche restano il Kosovo, il Sandzak (il Sangiaccato, nel Sud della Serbia), e, chiaramente, la Bosnia Erzegovina». 
Qui, lungo l'asse tra Sarajevo e Banja Luka, la data da “cerchiare in rosso” sul calendario è rappresentata dal prossimo 25 settembre, giornata del referendum popolare nella Repubblica Serba di Bosnia che chiamerà i cittadini serbo-bosniaci a confermare (e, di conseguenza, “istituzionalizzare”) la ricorrenza nazionale del 9 gennaio come “Giornata della Republika Srpska”, essendo la Repubblica dei Serbi di Bosnia stata proclamata ufficialmente, in risposta alla Dichiarazione di Sovranità prodotta unilateralmente dal Parlamento Bosniaco il precedente 15 ottobre contro la rappresentanza parlamentare serbo-bosniaca, il 9 gennaio 1992. 
Scelta, quella del referendum serbo-bosniaco, che ha diviso il “Peace Implementation Council” (la Russia non ha aderito alla presa di posizione del PIC per la revoca del referendum), scosso la comunità internazionale (che teme ripercussioni sulla stabilità delle istituzioni bosniache pur formalmente non intaccate dalla proposta referendaria) e costretto ad una delicata mediazione la “Belgrado ufficiale”, che ha dichiarato di non sostenere il referendum e, in ogni caso, di non volere esercitare alcuna ingerenza negli affari interni della Republika Srspka. 
È atteso, d'altro canto, nello stesso frangente tra settembre ed ottobre, un nuovo passaggio diplomatico molto importante per la Serbia la quale, dopo la riunione del comitato sull'implementazione degli Accordi di Stabilizzazione e Associazione all'Unione Europea (ASA), sarà chiamata a presentare, il 30 settembre, il proprio rapporto (il “progress report”) sui progressi compiuti nel corso del 2016. 
Si tratta di una tappa importante nel percorso di avvicinamento alla UE da parte della Serbia, che conta di aprire, di qui alla fine dell'anno, cinque nuovi capitoli per l'adesione: 5 (appalti pubblici), 20 (impresa), 25 e 26 (scienza e istruzione), 29 (unione doganale). Ennesima tappa del percorso di avvicinamento: dovranno essere soddisfatti, a consuntivo, sia i quattro criteri di Copenaghen, sia i 35 aspetti (“capitoli”) dei quali si compone l'acquisizione del cosiddetto “acquis comunitario”. L'ultimo dei 35, che in genere prende la forma di un “varie ed eventuali”, per l'adesione della Serbia ha invece tutt'altro nome: Kosovo. 
E qui si apre un nuovo fronte di contraddizioni, portate ad evidenza dall'ultima decisione del Parlamento Europeo (dello scorso 5 settembre) che ha approvato l'avvio del negoziato per l'abolizione dei visti per i kosovari verso l'Unione Europea (rimarcando che, dal 2010, il Kosovo è di fatto “isolato”, essendo rimasto l'unico territorio dei Balcani i cui cittadini ancora devono richiedere un visto per viaggiare nella UE), subordinandolo tuttavia alla ratifica dell'accordo di demarcazione della linea di confine con il Montenegro, alla prosecuzione dei negoziati per la normalizzazione delle relazioni con le autorità serbe ed alla effettiva implementazione della “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, vera e propria architrave degli Accordi tra Belgrado e Pristina del 19 Aprile 2013, tuttora fermi e molto osteggiati da diversi settori, sia dell'opinione pubblica, sia del quadro politico, del Kosovo. 
Da oggi potrebbe forse aprirsi, anche su questo fronte, uno scenario inedito: è stato infatti, finalmente, insediato il comitato pilota (“steering committee”), presentato a Bruxelles lo scorso 6 settembre, per la realizzazione della “Comunità dei Comuni Serbi del Kosovo”, come riferito dalla stampa. Potrebbe essere un punto di svolta: un percorso che «cambierà il Kosovo per sempre e in meglio e le cose non saranno più le stesse». Un Kosovo migliore, di tutti e per tutti: rispettoso del diritto e della giustizia internazionale, capace di riconoscere e soddisfare “tutti i diritti umani per tutti” i suoi cittadini e le sue cittadine, rinnovato nelle sue strutture economiche e nelle possibilità di benessere, lavoro, inclusione sociale per tutti e tutte. Non c'è che augurarselo.