martedì 10 gennaio 2012

La porta dei Balcani


L’impostazione flessibile della Carovana di Pace nei Balcani consente quella “esplorazione molteplice” adatta a fare scorgere le diverse sfaccettature dell’universo di pace, comunque presente nella realtà balcanica, da una quantità impressionante di punti di vista diversi. Il che si rivela vero sin dall’approdo, nel momento in cui quattro dei partecipanti alla carovana scelgono di entrarvi attraverso la “porta del Nord”, Budapest, mentre la quinta partecipante sceglie, per così dire, la sua “porta naturale”, Trieste, città di incontro e crocevia per eccellenza. Ciò consente, come ovvio, due angolature e due prospettive in partenza molto singolari: la prima più adeguata a porre in luce i Balcani in tutta la loro ricca complessità, da Budapest a Sarajevo, passando per Belgrado, giusto per citare solo le capitali; la seconda, più efficace invece nel rivelare i cosiddetti “snodi di attraversamento”, Trieste quale crocevia di popoli, culture e passaggi, il confine nord-orientale quale “limes” per eccellenza, carico di storia e di storie.
Budapest, intanto. La Carovana vi si ferma il primo giorno, ospiti di un contatto locale che mette a disposizione del gruppo di progetto il suo appartamento, a due passi dalla stazione ferroviaria principale. Budapest appare, contemporaneamente, città di cultura, di turismo e di memoria, che sa alternare, come molte città dell’Est europeo, un centro monumentale sfarzoso e ricchissimo, ad una periferia popolare, insieme con i quartieri limitrofi la stazione, in pieno stile real-socialista. Budapest, oggi, è però anche altro: capitale di uno Stato morso profondamente dalla crisi economica e finanziaria internazionale, in pieno default economico e commerciale, testimoniato perfino dall’inflazione galoppante e dalla impressionante svalutazione della moneta locale, che costringe a correggere a penna, al rialzo, perfino i prezzi indicati sui biglietti del bus. Una città, comunque, sempre splendida nella sua ambivalenza di una Buda remota e verde e di una Pest attraente e turistica; una città la cui anima è il Danubio, “fiume d’Europa”, per dirla con Magris, il cui corso getta ponti e attraversa i confini di tutta la Mitteleuropa, che la nostra stessa Carovana avrebbe poi seguito verso l’interno, via Novi Sad, fino a Belgrado, prima vera tappa dell’itinerario di pace.
Come Budapest, anche Trieste (Trst in sloveno) è città di storia e di memoria. Statuto speciale e porto mercantile dell’impero asburgico, è la porta d’Oriente per eccellenza, in un tempo ed uno spazio, simile all’oggi, in cui l’Oriente si fa, insieme, luogo fantastico e remoto, albergo di speranze e di paure. Se la tratta da Budapest a Belgrado via Novi Sad solca l’itinerario dell’antico e leggendario Orient Express, Trieste ha saputo storicamente interpretare in maniera ineguagliabile il suo ruolo di passante, e tuttora continua a farlo, tra gli universi mediterraneo, germanico e slavo. Attraversare la penisola in treno fino a Trieste e da lì in bus fino a Belgrado significa non solo “seguire” le rotte dei traffici economici e commerciali, ma soprattutto “addentrarsi” nell’anima slava multiforme e variegata, ripercorrendo le orme di Italo Svevo, Claudio Magris e Paolo Rumiz, scoprendo i Balcani “alle porte di casa” e le frontiere del Mediterraneo orientale come luogo di scambio, di contaminazione e di meticciato.

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