lunedì 29 settembre 2025

Una Scuola permanente per Corpi Civili di Pace

 

Come ricordava Alberto L’Abate, “quello che è sicuro è che se le Nazioni Unite avessero a disposizione un corpo internazionale di pace, ben preparato alla nonviolenza, il loro ruolo nella prevenzione dei conflitti e nella loro risoluzione nonviolenta, come richiesto dall’Agenda per la Pace e dallo stesso Segretario Generale, sarebbe molto maggiore ed efficace di quanto sia attualmente”. 

Il sito istituzionale del Comune di Vicenza riporta le dichiarazioni di alcuni tra i principali protagonisti del momento, storico per la città e non solo, dell’inaugurazione del Parco per la Pace. Un parco, nelle parole del sindaco Giacomo Possamai, «nato quindici anni fa da una grande mobilitazione civica, dalla capacità della città di reagire, da un impegno collettivo contro la militarizzazione. Oggi che dopo tanti anni arriviamo ad aprirlo, è importante che quel testimone venga raccolto, che quel significato venga preservato, perché questo parco, che è insieme straordinaria infrastruttura verde e pensiero collettivo sulla pace, rappresenta una delle più grandi opportunità per il futuro della nostra città. Una storia da continuare a scrivere insieme: amministratori, associazioni e cittadini». La storia del parco è nota, ed esemplare, una lotta sociale di grande impatto e di portata locale e nazionale, al tempo stesso contro la militarizzazione del territorio e per la liberazione di spazi civici di fruizione collettiva, un caso esemplare, appunto, di democrazia negli spazi e attraverso gli spazi. 

Al 2004 risale la richiesta statunitense di ampliare la base militare di Vicenza; al 2006, dopo la valutazione del progetto da parte del Comitato misto paritetico regionale, la notizia diventa finalmente di pubblico dominio e scatta la mobilitazione dei cittadini e delle cittadine di Vicenza; dal 2007 il presidio permanente No Dal Molin e l’insieme delle realtà civiche e associative del territorio inaugurano una vera e propria mobilitazione permanente contro la base e per liberare, con finalità sociale, gli spazi destinati all’ampliamento della base stessa; si susseguono eventi e mobilitazioni, la manifestazione del 17 febbraio 2007 (centocinquantamila persone), i festival No dal Molin del 2007, 2008 e 2009, l’occupazione simbolica della Basilica Palladiana (marzo 2007) e della Prefettura (gennaio 2008), dell'area dell'aeroporto civile (gennaio 2009). 

Nella consultazione popolare autogestita del 5 ottobre 2008, dei 25 mila votanti (quasi il 30% degli aventi diritto al voto nel Comune di Vicenza), la quasi totalità (il 95%) si esprime contro la realizzazione della nuova base militare statunitense. Una mobilitazione di grande impatto e di lunga durata che registra una svolta il 7 luglio 2011: la creazione di un'area verde ad est della base e una serie di altre opere civili. Non si tratta di una pura e semplice “compensazione”, bensì di una vittoria della lotta contro la base Usa, contro la guerra e contro la militarizzazione, il primo passo di quello che finalmente è stato inaugurato come “Parco per la Pace”. Come hanno sottolineato gli attivisti e le attiviste, infatti, il Parco per la Pace è molto più di uno spazio verde: è rigenerazione urbana, memoria collettiva e futuro sostenibile, uno spazio finalmente restituito alla città, con la partecipazione attiva a vario titolo di circa quaranta tra gruppi, organizzazioni e associazioni, con tre grandi vocazioni: pace, nonviolenza, socialità; sport per tutti e per tutte; ambiente, sostenibilità, natura. 

Proprio nel quadro della sua vocazione alla pace, memore delle lunghe lotte democratiche e antimilitariste che hanno portato alla liberazione degli spazi della ex base, è stato organizzato, nelle giornate della inaugurazione degli scorsi 27 e 28 settembre, un laboratorio dedicato alla realizzazione, in questi spazi, di una Scuola permanente per Corpi Civili di Pace, attraverso tre momenti, a cura delle associazioni SiAmo Vicenza e Mir Vicenza: un laboratorio di tecniche di azione diretta nonviolenta, per costruire risposte alla violenza diretta, culturale e strutturale, all’ingiustizia e alla guerra, riprendendo in questo le lezioni dei grandi pionieri della ricerca-azione per la pace, a partire da Johan Galtung e, in Italia, Alberto L’Abate; un laboratorio progettuale per una Scuola per Corpi Civili di Pace a Vicenza; un incontro divulgativo sui temi della soluzione creativa e nonviolenta dei conflitti con testimonianze ed esperienze concrete in aree di conflitto e guerra. 

Si tratta della prosecuzione e dello sviluppo di una vera e propria memoria di lotta e di impegno contro la guerra e per la pace. Dal 3 al 5 giugno 2011 Vicenza ha ospitato infatti il Convegno internazionale sulla prevenzione nonviolenta dei conflitti armati e la formazione dei Corpi Civili di Pace, promosso dall'Assessorato alla Pace del Comune di Vicenza insieme con l'Associazione IPRI Rete CCP (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace - Rete Corpi Civili di Pace), in collaborazione con il Centro diritti umani dell'Università di Padova e la Rete Transcend, che ha visto il 5 giugno la lectio magistralis di Galtung e il 4 giugno il Seminario di studio dedicato alla realizzazione a Vicenza di un Centro per la previsione e la prevenzione dei conflitti armati e per la formazione di Corpi Civili di Pace. 

Dal 17 al 19 aprile 2015 sempre a Vicenza si è svolta la Rassegna ColtiVIamoci, dedicata a Principi e buone prassi sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti - Dal livello locale al livello internazionale, e in più momenti, sino ad oggi, si sono svolte attività e iniziative legate ai temi, propri dei CCP, della prevenzione della violenza, della proposta costruttiva, e della trasformazione positiva dei conflitti. Non meno importanti le pubblicazioni legate a queste sperimentazioni, dagli Studi di fattibilità agli Atti del Convegno

D’altra parte, come ricordava Alberto L’Abate, “quello che è sicuro è che se le Nazioni Unite avessero a disposizione un corpo internazionale di pace, ben preparato alla nonviolenza, il loro ruolo nella prevenzione dei conflitti e nella loro risoluzione nonviolenta, come richiesto dall’Agenda per la Pace e dallo stesso Segretario Generale, sarebbe molto maggiore ed efficace di quanto sia attualmente” (reteccp.org/biblioteca/nonvio/labate/maremoto1.html). Occorrono cioè strumenti autonomi di società civile di lotta contro la guerra e costruzione della pace. Nelle guerre e nella spirale delle grandi violazioni che caratterizzano il nostro tempo, un monito più urgente e attuale che mai.  

Alcuni riferimenti: 

Gianmarco Pisa, Corpi civili di pace. Esistono? Chi sono? Cosa fanno?, ebook:
https://www.librerie.coop/libri/9788899050207-corpi-civili-di-pace-multimage 

Nanni Salio, La difesa popolare nonviolenta, online: 
https://www.reteccp.org/biblioteca/nonvio/vari/salio2.html 

Francesco Tullio, Le Organizzazioni Non Governative e la trasformazione dei conflitti. Le operazioni di pace nelle crisi internazionali. Analisi, esperienze, prospettive, Edizioni Associate/Editrice Internazionale, Roma 2002, con una presentazione online: 
https://www.pacedifesa.org/2005/04/26/le-ong-e-la-trasformazione-dei-conflitti 

Antonino Drago, Difesa popolare nonviolenta. Premesse teoriche, principi politici e nuovi scenari, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2006; una recensione di Enrico Peyretti è disponibile online: 
https://www.peacelink.it/pace/a/21848.html 

Alberto L’Abate, Giovani e Pace. Ricerche e formazione per un futuro meno violento, n. e. Multimage, Firenze, 2025: https://multimage.org/libri/giovani-e-pace 

Immagine: Peace by Nick Youngson Alpha Stock Images CC BY-SA 3.0. 

domenica 31 agosto 2025

Contro la campagna di aggressione e le misure coercitive unilaterali ai danni della Repubblica Bolivariana del Venezuela

 
Il Venezuela denuncia alle Nazioni Unite gli ultimi e più pericolosi sviluppi della politica di persecuzione degli Stati Uniti. 

Foto: Xavier Granja Cedeño - Cancilleria Ecuador, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons


La Repubblica Bolivariana del Venezuela comunica che, attraverso la sua Missione Permanente presso le Nazioni Unite (ONU), ha consegnato lo scorso 28 agosto una comunicazione ufficiale al Segretario Generale, António Guterres, in cui denuncia i più recenti e pericolosi sviluppi della politica di persecuzione del Governo degli Stati Uniti contro il Paese.

«In questa comunicazione, il governo venezuelano ha ribadito che queste aggressioni da parte del governo degli Stati Uniti si sono intensificate negli ultimi anni, attraverso la promulgazione e l'applicazione illegale di misure coercitive unilaterali, campagne diffamatorie, disprezzo e giuridicizzazione con fini politici verso le nostre legittime istituzioni, hanno oggi raggiunto un livello di ostilità e minaccia senza precedenti, soprattutto a seguito della recente mobilitazione di forze militari statunitensi nei Caraibi.

«Ha suscitato particolarmente allarma la presenza di cacciatorpediniere e di un incrociatore lanciamissili, nonché dal dispiegamento di un sottomarino con capacità nucleare. Questa è la prima volta nella storia che mezzi militari con capacità nucleare vengono introdotti in America Latina e nei Caraibi; un'azione che viola apertamente il Trattato di Tlatelolco, uno strumento che ha sancito la denuclearizzazione della nostra regione nel 1968 e che obbliga gli Stati Uniti d'America, in virtù dei Protocolli I e II, di cui sono parte contraente, a rispettare la dichiarazione della Nostra America Latina e dei Caraibi come Zona Libera da Armi Nucleari, dal Rio Grande alla Terra del Fuoco.

«Queste operazioni militari statunitensi costituiscono inoltre una flagrante violazione della Carta delle Nazioni Unite, in particolare dell'articolo 2.1, sull'uguaglianza sovrana degli Stati; dell'articolo 2.3, sulla risoluzione pacifica delle controversie; dell'articolo 2.4, sul divieto della minaccia o dell'uso della forza; e l'articolo 2.7, relativo al principio di non intervento negli affari interni degli Stati. Ignorano inoltre palesemente la Proclamazione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC), che ha dichiarato la nostra regione "Zona di Pace" nel 2014.

«Denunciamo al mondo con la massima fermezza che l'introduzione di una componente nucleare nei Caraibi minaccia la stabilità emisferica, erode la fiducia nel regime internazionale di non proliferazione e disarmo e mette a rischio la pace e la sicurezza sia regionale che internazionale.

«La Repubblica Bolivariana del Venezuela ribadisce il suo costante impegno nei confronti del diritto internazionale, della soluzione pacifica delle controversie e del rispetto della sovranità delle nazioni e dei popoli. Allo stesso tempo, sollecita nuovamente al Segretario Generale delle Nazioni Unite ad assumere, nell'ambito delle sue competenze e responsabilità, la difesa attiva dei valori e dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, esortando con forza il Governo degli Stati Uniti d'America a cessare una volta per tutte le sue azioni e minacce ostili e a rispettare la sovranità, l'integrità territoriale e l'indipendenza politica del Venezuela.

«La storia e i popoli del mondo non accetterebbero l'inazione della comunità internazionale di fronte a una minaccia di questa portata. Il Venezuela, fedele ai precetti della sua Diplomazia Bolivariana di Pace, ribadisce di non rappresentare una minaccia per nessuno. La vera minaccia alla stabilità della regione è la presenza militare e nucleare degli Stati Uniti nei Caraibi. Infine, sottolineiamo che il nostro Paese e il nostro popolo non accetteranno mai l'imposizione della forza o la violazione dei loro diritti inalienabili, incluso il diritto alla libera autodeterminazione».

Link: https://www.facebook.com/100082586738523/posts/il-venezuela-denuncia-alle-nazioni-unite-gli-ultimi-e-più-pericolosi-sviluppi-de/770244035738481

martedì 12 agosto 2025

Cipro, una storica controversia e l'orizzonte della ricomposizione

Monumento alla Libertà, Nicosia, Cipro, foto di Gianmarco Pisa. 

La storica e non ancora risolta controversia cipriota torna, se mai vi fosse uscita, nell'agenda internazionale. Si è tenuta infatti giovedì 17 luglio 2025 la sessione plenaria della conferenza su Cipro, convocata dal Segretario Generale, António Guterres, presso la sede delle Nazioni Unite, alla presenza del Presidente della Repubblica di Cipro Nikos Christodoulides, del leader turco-cipriota Ersin Tatar, dei Ministri degli Esteri di Grecia e Turchia, Giorgos Gerapetritis e Hakan Fidan, e del Ministro per l'Europa del Regno Unito, Stephen Doughty. Scopo della conferenza - rilanciare i colloqui di pace, mettendo così alla prova la speranza di una possibile riconciliazione e riunificazione dell'isola, vera e propria - non è solo uno slogan - “perla del Mediterraneo”. Il tutto sotto l’egida delle Nazioni Unite, nel cui contesto si svolgono i colloqui diplomatici e che mantiene una propria storica missione di interposizione (peacekeeping di prima generazione) a Cipro, la Unficyp (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus), sin dal 1964, quando fu dislocata sull’isola, all’indomani degli scontri intercomunitari tra greco-ciprioti e turco-ciprioti degli anni precedenti, allo scopo di impedire il ripetersi delle violenze intercomunitarie, interporsi tra le parti in conflitto e contribuire al mantenimento della sicurezza. 

Sebbene le Nazioni Unite abbiano definito i colloqui “costruttivi”, non molti sono stati gli sviluppi effettivamente rilevanti e difficile resta il clima di dialogo tra le parti. Il Presidente cipriota Christodoulides ha ribadito la disponibilità a riprendere i negoziati, sospesi sin dal 2017, sottolineando la necessità di rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e il quadro giuridico delle Nazioni Unite come fondamento per la risoluzione della questione cipriota, che è infatti, al tempo stesso, prodotto di conflitto etnopolitico e questione complessa di diritto internazionale. D’altra parte, secondo la posizione espressa dal portavoce del Ministero degli Esteri turco, Öncü Keçeli, è necessario rilanciare il quadro negoziale a partire dalla c.d. “soluzione a due stati”, quanto mai problematica, tuttavia, dal momento che l’articolazione istituzionale turco-cipriota, la cosiddetta Repubblica Turca di Cipro del Nord, istituita nel 1983, non ha, a parte quello della Turchia, alcun riconoscimento internazionale, e mantiene sul proprio territorio un contingente militare turco di ben quaranta mila soldati.  

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha sottolineato che sono stati compiuti progressi su quattro delle sei iniziative concordate nella precedente riunione allargata sulla questione di Cipro, tenutasi a Ginevra a marzo. I quattro ambiti in cui si è registrato un progresso sono stati la creazione di un nuovo comitato tecnico bi-comunitario per i giovani, una serie di iniziative da intraprendere in materia ambientale, il restauro dei cimiteri e la definizione degli accordi sullo sminamento, che saranno finalizzati “una volta ultimati i dettagli tecnici definitivi”. Tuttavia, le due principali iniziative concordate a marzo, l'apertura di quattro nuovi punti di attraversamento tra le due parti dell'isola (la parte sud, a maggioranza greco-cipriota, su cui esercita effettivo controllo la Repubblica di Cipro, e la parte nord, amministrata de facto dalla Repubblica Turca di Cipro del Nord e a maggioranza turco-cipriota), nonché la creazione di un impianto di energia solare presso la zona cuscinetto sotto controllo della missione delle Nazioni Unite, non hanno registrato progressi rilevanti.  

Come hanno confermato alla stampa fonti diplomatiche turco-cipriote, “non ci sono ancora progressi sulla questione dei valichi di frontiera perché il leader greco-cipriota [il presidente Nikos Christodoulides] insiste su un corridoio di transito, invece di un vero e proprio valico di frontiera”. Si tratta dei punti di attraversamento che si estenderebbero da una parte all’altra dell’isola, in particolare quello attraverso Kokkina, piccolo centro a maggioranza turco-cipriota solo in parte ricadente nel territorio della cosiddetta Repubblica Turca di Cipro del Nord (luogo sensibile, peraltro, perché luogo della battaglia di Tillyria, un violento scontro armato tra forze greco-cipriote, turco-cipriote e turche dell'agosto 1964), e quello tra Aglantzia e Athienou (uno dei quattro villaggi all’interno della zona cuscinetto delle Nazioni Unite, gli altri tre essendo Pyla, Troulloi e Deneia). Come si intuisce, anche questa questione ha a che fare con l'integrità del diritto internazionale: i punti di transito che attraversano la zona cuscinetto (la buffer zone delle Nazioni Unite) e permettono il passaggio tra le due parti non sono infatti un “confine” ma una linea di separazione e al contempo, nei punti concordati, una linea di transito.  

A parte la questione dei punti di attraversamento, il Segretario Generale ha poi affermato che le parti hanno raggiunto una “intesa comune” in ordine alla creazione di un “organismo consultivo per il coinvolgimento della società civile”, sulla questione dei beni culturali, su un'iniziativa per il monitoraggio della qualità dell'aria e sulla lotta all'inquinamento. “È fondamentale attuare queste iniziative, tutte, il prima possibile a beneficio di tutti i ciprioti”. Ha poi confermato l’intenzione di incontrare nuovamente entrambi i leader durante la settimana di alto livello dell'Assemblea Generale in programma a settembre. “C'è una lunga strada da percorrere”, ha affermato, “ma questi passi mostrano l'impegno a proseguire il dialogo e a lavorare su iniziative a beneficio di tutti i ciprioti”. Una soluzione da ricercare, appunto, all’insegna del “win-win”, del comune beneficio.   

È questa anche la posizione “storica” delle forze di progresso e dei comunisti ciprioti. Come ricordato infatti dai compagni e dalle compagne dell’AKEL (Anorthotikó Kómma Ergazómenou Laoú, Partito Progressista dei Lavoratori, la storica formazione marxista-leninista cipriota, seconda forza politica del Paese, con oltre il 22% dei consensi e 15 seggi nel Parlamento nazionale) in una recente presa di posizione, “nella fase in cui ci troviamo, con la prolungata situazione di stallo che circonda la questione cipriota e che ostacola gli sforzi per raggiungere una soluzione, il nostro compito è quello di sbloccare la situazione, proseguire i negoziati dal punto in cui si sono interrotti nel 2017, negoziare le questioni ancora in sospeso sulla base del Quadro Negoziale del Segretario Generale delle Nazioni Unite e, naturalmente, preservare l'acquis negoziale, che può fornire una solida base, in modo che, una volta ripresi i negoziati, si possa completare lo sforzo e raggiungere la soluzione necessaria, porre fine all'occupazione e riunire il Paese e il suo popolo. L’AKEL e l'intero movimento popolare proseguono i loro sforzi in tal senso e continuano ad insistere sul fatto che esiste la possibilità di una soluzione”.  

Quanto agli interrogativi in merito all'incontro informale a New York, il Segretario Generale dell'AKEL ha affermato che il risultato era pienamente atteso. Ha spiegato che, dal momento che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ritiene che non vi sia alcun terreno comune necessario, dato che la Turchia e la leadership turco-cipriota hanno ormai ufficialmente spostato la loro posizione verso una “soluzione a due stati”, quanto pianificato consisteva nel mantenere lo slancio sulla questione cipriota e compiere alcuni piccoli passi avanti. Potrà essere conseguita una soluzione di diritto e giustizia, continua la posizione dell’AKEL, “solo con la fine dell'occupazione turca e la riunificazione di Cipro e del popolo. Potrà arrivare solo attraverso il raggiungimento di una soluzione al problema di Cipro, che potrà essere solo quella prevista dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, che prevedono una federazione bi-zonale e bi-comunitaria con uguaglianza politica, con unica sovranità e unica cittadinanza”.  

La controversia cipriota resta una questione cruciale in un’area strategica: Cipro (e il suo conflitto ancora irrisolto) è all’interno dell’Unione Europea e occupa una regione strategica (dal punto di vista militare e dal punto di vista economico) nel Mediterraneo orientale. Quest’area, a cavallo tra Grecia, Turchia, Israele, Egitto, e, appunto, Cipro, ospita infatti, secondo alcuni studi del 2010 della USGS, l’Istituto Geologico Nazionale degli Stati Uniti, circa 10 trilioni di metri cubi di gas. Un’area di tensioni, sulla quale insistono pesantemente le mire e le ambizioni dell’imperialismo occidentale e dei suoi alleati regionali, che da tempo le forze di pace cercano di trasformare in una zona di speranza: non mancano situazioni e contesti di coesistenza, e da sempre i comunisti e le comuniste ciprioti sono impegnati in direzione di una soluzione di convivenza, di riunificazione dell’isola e del suo popolo, libera da minacce e condizionamenti stranieri, di sovranità, di pace, e di giustizia. 


Riferimenti:

Vibhu Mishra, UN chief reports progress in Cyprus talks, 17.07.2025:
https://news.un.org/en/story/2025/07/1165427 

Elias Hazou, UN bid to break Cyprus deadlock, 17.07.2025:
https://cyprus-mail.com/2025/07/17/un-hosts-informal-cyprus-talks 

Statements by the General Secretary of the C.C. of AKEL Stefanos Stefanou after the laying of wreaths at the Makedonitissa Cemetery on the occasion of the tragic anniversary of the Turkish invasion, 20.07.2025: https://akel.org.cy/statements-by-the-general-secretary-of-the-c-c-of-akel-stefanos-stefanou-after-the-laying-of-wreaths-at-the-makedonitissa-cemetery-on-the-occasion-of-the-tragic-anniversary-of-the-turkish-invasion/?lang=en  

Erdogan’s presence at the celebrations for the anniversary of the invasion is a blatant provocation to the Cypriot people, 21.07.2025: https://akel.org.cy/erdogans-presence-at-the-celebrations-for-the-anniversary-of-the-invasion-is-a-blatant-provocation-to-the-cypriot-people/?lang=en  

Cyprus: a country still divided. Cyprus problem in brief, AKEL, 2021:
https://akel.org.cy/wp-content/uploads/2021/09/A-Country-Still-Divided-English.pdf.  

Progetto "Dialoghi di Pace a Cipro": https://www.pacedifesa.org/home-2/progetti-sul-campo/dialoghi-di-pace-a-cipro 


lunedì 26 maggio 2025

La vittoria della pace e della democrazia, 25 Maggio in Venezuela

Centro di votazione (seggio), 25 Maggio 2025, Caracas. Foto di G. Pisa

Si sono dunque celebrate le elezioni politiche generali in Venezuela, lo scorso 25 maggio, per il rinnovo del Parlamento, l’Assemblea Nazionale, e per l’elezione dei 24 governatori statali, completando così il rinnovo della legislatura, dopo l’elezione alla presidenza della repubblica di Nicolas Maduro lo scorso 28 luglio. Il risultato è quello di una straordinaria e importante, sul piano politico ed elettorale, conferma delle forze bolivariane, raccolte nell’alleanza del Gran Polo Patriottico Simon Bolivar, centrato intorno al Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela, e artefice della continuità e dell’innovazione del processo rivoluzionario bolivariano, socialista e umanista, inaugurato dalla rivoluzione bolivariana e dalla prima presidenza Chavez.

Il Gran Polo Patriottico Simon Bolivar dunque ha ottenuto una nitida vittoria, con l'82,68% dei voti validi per i deputati della lista nazionale, secondo i risultati ufficiali annunciati dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Il blocco bolivariano ha ottenuto cioè 4.553.484 voti su un totale di 5.507.324 voti espressi, con un'affluenza alle urne pari al 42,63%, con oltre 5,5 milioni di venezuelani che hanno esercitato il loro diritto di voto in una giornata non facile, anche perché segnata da pessime condizioni metereologiche, da pioggia battente per gran parte della giornata elettorale a Caracas e in numerosi centri, e in condizioni di maggiori difficoltà logistiche nelle aree più remote del Paese, una giornata che, per tutti questi motivi, è stata definita dal CNE "ardua" ma positiva per il sistema elettorale venezuelano che ha confermato tutte le sue caratteristiche, già note agli osservatori e agli analisti internazionali, di trasparenza, affidabilità, sicurezza del voto.

Il bolivarismo conferma quindi l’ampia adesione popolare alla sua visione, alla sua strategia e al suo programma, un dato questo importante anche sotto il versante politico della prospettiva, dal momento che quella che si va ad insediare sarà una legislatura costituente, nella quale si tratterà di procedere sulla strada della innovazione, dando ulteriore impulso al Piano delle Sette Trasformazioni, avviando una modifica della Costituzione, e costruendo una riforma del sistema elettorale che dovrà essere basato sui circuiti comunali, e quindi sull’articolazione di base delle Comuni socialiste, uno dei pilastri dell’articolazione del sistema bolivariano. Per quello che riguarda dunque, i risultati, il Gran Polo Patriottico Simon Bolivar ha ottenuto 4.553.484 voti (82,68%); l’Alianza Democrática (AD), la principale coalizione di opposizione, 344.422 voti (6,25%), l’Alianza UNTC Única 285.501 voti (5,18%) e l’Alianza Fuerza Vecinal 141.566 voti (2,57%). I voti rimanenti, comprese le schede nulle, ammontano a 182.351 voti, pari al 3,31% del totale. Queste cifre consolidano dunque l’affermazione del “chavismo” nel Parlamento venezuelano per la prossima legislatura.

Elvis Amoroso, presidente del Consiglio Nazionale Elettorale, ha espresso il "profondo orgoglio" del potere elettorale (uno dei cinque poteri nei quali si articola il sistema bolivariano, che oltre ai tradizionali poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario, prevede infatti anche il potere civico e, appunto, il potere elettorale) nell'organizzazione delle elezioni, sottolineando la trasparenza del processo pur tra le tensioni politiche che il Paese sta attraversando; ha inoltre sottolineato il protagonismo del popolo venezuelano, un tema di grande importanza, essendo proprio la “democrazia partecipativa e protagonistica” la base del potere popolare in azione che è, a sua volta, la forza motrice del processo rivoluzionario bolivariano e socialista. "Un giorno in cui il popolo ha, per la prima volta, un governatore entrato in carica grazie alla volontà popolare", ha poi affermato, sottolineando il profondo orgoglio di fronte agli sviluppi della giornata elettorale.

"Ringraziamo gli osservatori internazionali, presenti nel Paese con il miglior sistema elettorale al mondo", ha ribadito. "Il Venezuela è un esempio per il mondo e possiamo dimostrare ancora una volta la forza del CNE". I risultati preliminari segnano una nuova vittoria per il progetto politico avviato da Hugo Chávez e proseguito da Nicolás Maduro, in un contesto peraltro di impegnative sfide economiche e politiche internazionali e di sempre crescenti minacce che l’imperialismo occidentale, in primo luogo da Washington, stende contro l’esperimento di partecipazione popolare e di trasformazione sociale che il Venezuela bolivariano rappresenta. Quanto poi alle elezioni statali, il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar ottiene 23 su 24 governatori con uno dei leader dell'opposizione, Alberto Galíndez, che governerà lo stato di Cojedes, nell’Ovest. Il “chavismo” riprende poi il governo dello stato di Zulia, con Luis Caldera che ottiene oltre il 64% dei voti. Si tratta di un dato di grande importanza: lo Stato di Zulia infatti, nell’ovest del Paese, confina per un ampio tratto con la Colombia e ospita immensi giacimenti di petrolio, gas naturale e carbone.

Per la prima volta è stato votato un governatore nella regione della Guayana Esequiba, dove il candidato Neil Villamizar ha vinto con il 97,40% dei voti. Con 12 seggi elettorali allestiti in località come El Dorado, Las Claritas e San Martín de Turumbán, sono stati chiamati alle urne circa 21.500 persone residenti in quel territorio, compresa la popolazione indigena, secondo la legge e la procedura elettorale della Repubblica Bolivariana del Venezuela. La concretizzazione di questo sviluppo politico-elettorale è il risultato della consultazione popolare del 3 dicembre 2023, in cui il 96% della popolazione venezuelana ha approvato la creazione dello stato della Guayana Esequiba, ratificata in via definitiva con la successiva legge organica dell'aprile 2024.