Primo Maggio a Belgrado: Terazije |
Il primo maggio di Belgrado è stato, quest'anno, molto particolare e potenzialmente rivelatore. Vi si sovrapponevano, per uno scherzo del calendario, due tra le festività più importanti dell'anno: la storica Festa dei Lavoratori, la Giornata Internazionale dedicata ai Diritti e alle Lotte dei Lavoratori e delle Lavoratrici di tutto il mondo, tradizionalmente associata al 1° Maggio, e la Pasqua Ortodossa, la festa più importante e, senza dubbio, una delle più sentite nel calendario liturgico serbo, che, quest'anno, è venuta a cadere proprio il 1° Maggio, in occasione dell' “International Labour Day”.
Le origini del Labour Day sono remote nel tempo ed anche per questo, come spesso accade per le feste “ritualizzate”, finiscono per perdersi nella memoria collettiva. Non sarà forse del tutto inutile ricordare che la data è associata alle lotte e ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici perché legata alla rivendicazione universale della riduzione dell'orario di lavoro alle “otto ore”. Il 1° maggio del 1886, a Chicago, furono organizzati uno sciopero e una manifestazione per rivendicare le otto ore, una manifestazione repressa nel sangue, dalla polizia, dopo giorni di mobilitazione, e per la quale, l'anno successivo, furono condannati a morte quattro operai, quattro sindacalisti e quattro anarchici.
Quest'anno, a Belgrado come in tutta la Serbia, il 1° maggio è stato però il giorno della Pasqua Ortodossa, che, come sempre per la Pasqua Cristiana, non ha una data fissa, ma variabile di anno in anno: la Pasqua viene infatti celebrata la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera, calcolato, secondo la tradizione ortodossa, in base al calendario giuliano, a differenza delle chiese cattoliche e riformate che, com'è noto, fanno riferimento al calendario gregoriano. La differenza fa sì che, mentre la pasqua cattolica viene normalmente celebrata tra fine marzo e fine aprile, la pasqua ortodossa può essere celebrata tra i primi di aprile e la prima settimana di maggio: quest'anno proprio il 1° maggio. Inutile, in questa sede, tornare sul significato della Pasqua per i cristiani.
Meno inutile, e degno di qualche considerazione, registrare la circostanza della doppia ricorrenza nella capitale della Serbia, Paese dalla forte e profonda tradizione cristiano-ortodossa, Belgrado. Dove, per effetto della singolare coincidenza e degli effetti della lunga transizione post-jugoslava (le due circostanze hanno più di una superficie di contiguità), il risultato è che della Festa dei Lavoratori praticamente non ci si è neanche accorti, tale è stato il “peso” della ricorrenza pasquale e tale è ormai diventato lo svuotamento del significato del lavoro, con decine di esercizi commerciali, soprattutto bar, ristoranti, chioschi turistici, aperti, talvolta l'intera giornata, praticamente come se nulla fosse.
Le origini del Labour Day sono remote nel tempo ed anche per questo, come spesso accade per le feste “ritualizzate”, finiscono per perdersi nella memoria collettiva. Non sarà forse del tutto inutile ricordare che la data è associata alle lotte e ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici perché legata alla rivendicazione universale della riduzione dell'orario di lavoro alle “otto ore”. Il 1° maggio del 1886, a Chicago, furono organizzati uno sciopero e una manifestazione per rivendicare le otto ore, una manifestazione repressa nel sangue, dalla polizia, dopo giorni di mobilitazione, e per la quale, l'anno successivo, furono condannati a morte quattro operai, quattro sindacalisti e quattro anarchici.
Quest'anno, a Belgrado come in tutta la Serbia, il 1° maggio è stato però il giorno della Pasqua Ortodossa, che, come sempre per la Pasqua Cristiana, non ha una data fissa, ma variabile di anno in anno: la Pasqua viene infatti celebrata la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera, calcolato, secondo la tradizione ortodossa, in base al calendario giuliano, a differenza delle chiese cattoliche e riformate che, com'è noto, fanno riferimento al calendario gregoriano. La differenza fa sì che, mentre la pasqua cattolica viene normalmente celebrata tra fine marzo e fine aprile, la pasqua ortodossa può essere celebrata tra i primi di aprile e la prima settimana di maggio: quest'anno proprio il 1° maggio. Inutile, in questa sede, tornare sul significato della Pasqua per i cristiani.
Meno inutile, e degno di qualche considerazione, registrare la circostanza della doppia ricorrenza nella capitale della Serbia, Paese dalla forte e profonda tradizione cristiano-ortodossa, Belgrado. Dove, per effetto della singolare coincidenza e degli effetti della lunga transizione post-jugoslava (le due circostanze hanno più di una superficie di contiguità), il risultato è che della Festa dei Lavoratori praticamente non ci si è neanche accorti, tale è stato il “peso” della ricorrenza pasquale e tale è ormai diventato lo svuotamento del significato del lavoro, con decine di esercizi commerciali, soprattutto bar, ristoranti, chioschi turistici, aperti, talvolta l'intera giornata, praticamente come se nulla fosse.
L'effetto specifico della Pasqua è stato che, se usualmente la sinistra e il sindacato organizzano in occasione del 1° Maggio una manifestazione e un corteo per le zone del centro della capitale, essenzialmente Terazije e, ovviamente, Piazza della Repubblica, luogo dei raduni politici per eccellenza, quest'anno non se n'è vista neanche l'ombra, se non fosse stato per un corteo auto-gestito da organizzazioni militanti di base, radicale o antagonista, con un centinaio di persone. Non si è vista né una autentica organizzazione né una efficace mobilitazione popolare, pochissimi cittadini hanno mostrato interesse alla "parada", solo i turisti si fermavano a fare riprese e scattare fotografie.
La Pasqua ha finito per sussumere, in qualche modo, l'intera gamma dei significati della festa: la celebrazione, la ricorrenza, la pausa dal lavoro, per chi se la è potuta consentire, magari l'uscita fuori porta e la passeggiata per parchi e musei; tutti i significati della festa, tranne uno: quello di ricordare e fare avanzare i diritti e le conquiste di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici e farlo, magari, in coerenza con i presupposti della celebrazione stessa, vale a dire quella di unire tutti i lavoratori e le lavoratrici del mondo (si perdoni la semplicità, è proprio così) in una battaglia comune per una serie di diritti universali, tra i quali, appunto, quello della riduzione dell'orario di lavoro e di condizioni di lavoro più sicure, giuste e dignitose. In questo 1° Maggio a Belgrado, insomma, si è visto tutto, tranne che la politica, in una delle feste che eravamo abituati a considerare tra le più cariche di politica dell'intero calendario e tra le più attese e meglio organizzate dalle forze progressiste.
Cosa c'entra tutto questo con la lunga transizione post-jugoslava? A questo punto non dovrebbe essere difficile dire: la fine del socialismo, della autogestione e della “fratellanza ed unità” ha comportato anche la fine dei miti fondativi e l'emersione di nuove narrazioni sostitutive. Tra queste, in particolare in Serbia, il sostrato profondo della lunga durata nazionale e religiosa, emerge ancora e profondamente, caratterizzando questa lunga transizione e facendo sorgere nuovi interrogativi. Per quanti di noi si impegnano per la trasformazione costruttiva dei conflitti e per il progresso delle ragioni della pace e della giustizia (meglio: della pace con giustizia, della "pace positiva"), come negli auspici del progetto PRO.ME.T.E.O., una nuova, esigente, occasione di impegno, sul terreno dei tessuti sociali e della costruzione di condivisione, delle memorie sociali e collettive per l'avvenire.
La Pasqua ha finito per sussumere, in qualche modo, l'intera gamma dei significati della festa: la celebrazione, la ricorrenza, la pausa dal lavoro, per chi se la è potuta consentire, magari l'uscita fuori porta e la passeggiata per parchi e musei; tutti i significati della festa, tranne uno: quello di ricordare e fare avanzare i diritti e le conquiste di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici e farlo, magari, in coerenza con i presupposti della celebrazione stessa, vale a dire quella di unire tutti i lavoratori e le lavoratrici del mondo (si perdoni la semplicità, è proprio così) in una battaglia comune per una serie di diritti universali, tra i quali, appunto, quello della riduzione dell'orario di lavoro e di condizioni di lavoro più sicure, giuste e dignitose. In questo 1° Maggio a Belgrado, insomma, si è visto tutto, tranne che la politica, in una delle feste che eravamo abituati a considerare tra le più cariche di politica dell'intero calendario e tra le più attese e meglio organizzate dalle forze progressiste.
Cosa c'entra tutto questo con la lunga transizione post-jugoslava? A questo punto non dovrebbe essere difficile dire: la fine del socialismo, della autogestione e della “fratellanza ed unità” ha comportato anche la fine dei miti fondativi e l'emersione di nuove narrazioni sostitutive. Tra queste, in particolare in Serbia, il sostrato profondo della lunga durata nazionale e religiosa, emerge ancora e profondamente, caratterizzando questa lunga transizione e facendo sorgere nuovi interrogativi. Per quanti di noi si impegnano per la trasformazione costruttiva dei conflitti e per il progresso delle ragioni della pace e della giustizia (meglio: della pace con giustizia, della "pace positiva"), come negli auspici del progetto PRO.ME.T.E.O., una nuova, esigente, occasione di impegno, sul terreno dei tessuti sociali e della costruzione di condivisione, delle memorie sociali e collettive per l'avvenire.
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