fonte: reteccp.org |
L'appello (quasi) corale
rivolto dalle autorità politiche di Belgrado ai cittadini serbi
kosovari di Mitrovica sembra avere avuto successo: alle elezioni
ripetute nei seggi elettorali, fatti bersaglio di sabotaggio e
violenza nella precedente tornata, l'affluenza è stata più
significativa, il clima generale indubbiamente migliore rispetto all'occasione precedente, l'assenza sostanziale di violenza e di
incidenti sicuramente più confortante.
Come si ricorderà, in
occasione del primo turno delle elezioni amministrative in Kosovo, le
prime tenute nel quadro del dialogo bilaterale tra Belgrado e
Pristina inaugurato dagli storici accordi del 19 Aprile, il
sabotaggio delle elezioni da parte dei nazionalisti e le formazioni
contrarie all'accordo poté dirsi senza dubbio riuscito: un'affluenza
nel Kosovo (serbo) del Nord di volta in volta tra l'8 e il 12%, tre
seggi devastati a Mitrovica Nord, un clima diffuso di intimidazione e
un contesto generale di ostilità alla partecipazione elettorale.
L'importanza, civile e
politica, di Mitrovica, nel nuovo Kosovo post-19-Aprile, è fuori
discussione. Il venire meno dell'adesione agli accordi
“distruggerebbe il concetto stesso di Comunità dei Comuni Serbi
del Kosovo-Metohia”, architrave dell'autonomia serba nel Kosovo
albanese. È a Mitrovica Nord, infatti, che hanno sede tutte le
istituzioni serbe collegate a Belgrado; ed è ancora Mitrovica il
centro della “pressione politica” delle diverse interpretazioni,
a Belgrado e Pristina, di tali accordi, oltre che di ogni ipotesi
sostenibile di convivenza, essendo l'unica città in Kosovo in cui
serbi ed albanesi si trovano “fianco a fianco”.
Dopo la decisione assunta
dalla Commissione Elettorale Centrale, è stata indetta, domenica 17
Novembre, la ripetizione delle operazioni di voto nei seggi di
Mitrovica Nord, laddove il materiale elettorale era stato danneggiato
ed era stato impossibile procedere allo spoglio e allo scrutinio.
Stavolta, secondo i primi dati ufficiali, oltre 5.200 persone hanno
partecipato al voto di Mitrovica, con una percentuale di affluenza
pari a poco più del 22%. Considerato anche il migliore clima di
sicurezza, un risultato più promettente.
Si tratta di un dato
risonante, sebbene non entusiasmante, anche alla luce delle
dichiarazioni della vigilia. A differenza di quanto continua a
ripetere la stampa mainstreaming, l'affluenza alle urne dei serbi del
Kosovo non può, in linea di diritto, essere giudicata alla stregua
delle categorie del “successo” o del “fallimento”, né tanto
meno potranno essere considerate come un “esame di maturità” per
i serbi del Kosovo, a meno di non voler ricorrere ai soliti
stereotipi o le solite presunte lezioni di “democrazia e stato di
diritto”.
Il dato vero è semmai un
altro: la maturità della società civile in Kosovo, in tutte le sue
articolazioni etno-linguistiche, in cui, il dato della frattura tra
serbi a Nord (che solo in quest'ultima tornata superano la soglia
psicologica del 20% di affluenza) e serbi a Sud del fiume Ibar, i
serbi del cosiddetto Kosovo interno, che, sin dal precedente
turno elettorale, si erano recati in numero significativo alle urne,
eleggendo alcuni sindaci serbi al primo turno, s'accompagna all'altro
dato, della partecipazione dei kosovari albanesi, che hanno animato
una campagna elettorale dai toni generalmente moderati e un'affluenza
al voto che, seppure insoddisfacente, mostra tuttavia un certo segno
di un interesse di non poco conto.
Il messaggio che si trae
da quest'ultima domenica elettorale in Kosovo è dunque duplice: da
un lato, si consolida la preoccupazione rispetto al ruolo di una
parte di establishment, sia a Belgrado sia in particolare a Pristina,
che non sembra particolarmente interessata a un'effettiva e duratura
convivenza civica e lavora attivamente per i propri interessi e per
lo status quo ante; dall'altro, si conferma il dinamismo del
ruolo della società civile che, anche alla luce dei risultati
elettorali, manda un messaggio chiaro, in entrambe le direzioni, a
Pristina e a Belgrado, e sembra muoversi verso una più consapevole
direzione democratica.
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