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Il volume "Paesaggi Kosovari 1998-2018. Il patrimonio culturale come risorsa di progresso e opportunità per la pace" (Multimage, Firenze, 2018) nasce dalla ricerca-azione per Corpi Civili di Pace, nei Balcani, in particolare in Kosovo, e sviluppa un itinerario di carattere sociale e culturale, quest'anno 2019 ricorrendo i venti anni della Guerra del Kosovo.
La Guerra del Kosovo ha rappresentato un vero e proprio spartiacque: concretizza per la prima volta, nella sua formulazione contemporanea, il paradigma della "guerra umanitaria" ed inaugura una nuova modalità di concezione della guerra stessa, in cui la caratterizzazione etno-politica può intervenire a giustificare, strumentalizzando la dinamica etnica e manipolando le narrazioni culturali, interventi militari o vere e proprie aggressioni.
L'azione degli operatori e operatrici civili di pace punta ad un lavoro di tessitura e di ricomposizione dei rapporti sociali: sviluppa, in sinergia con gli operatori e le operatrici locali, una modalità di intervento "sul" e "nel" conflitto, abitando lo scenario del conflitto dalla parte delle vittime delle violenze e delle violazioni e attraversando la dinamica di conflitto con un approccio orientato al superamento delle conseguenze della violenza e alla trasformazione dello scenario, all'insegna, al contempo, della pace e della giustizia.
E' anche una azione di ricomposizione e di comunicazione: di messa in condivisione, di costruzione di ponti, di lettura e di interpretazione del conflitto e del contesto. Per quello parliamo spesso di ricerca-azione: una metodologia che ci riporta alla lezione di un maestro degli studi per la pace, Alberto l'Abate, che abbiamo fatto nostra, come operatori e operatrici di pace, che ci mantiene in costante ascolto, del conflitto e delle sue "griglie di lettura" e del contesto con le sue contraddizioni e le sue ambivalenze.
Negli scenari del conflitto, le risorse sociali e i patrimoni culturali possono assumere una importanza estremamente significativa. Precipitati nella spirale della violenza, quando vengono fatti oggetto di distruzione e di vandalizzazione, perché identificati come segni culturali o matrici identitarie del "nemico", essi possono tuttavia veicolare una memoria collettiva e rappresentare un determinato complesso di eventi e di relazioni, o trasferire un patrimonio di senso attraverso le epoche.
Se da una parte i Balcani sono da sempre luogo di conflitti e di attraversamenti, essi sono anche, d'altra parte, lo scenario in cui sono state sperimentate, storicamente, esperienze politiche e culturali di grandissima rilevanza, nel senso della pace e della giustizia, ma anche ed in particolare nel senso dell'inclusione e dell'incontro tra i popoli e le culture. Nel senso della convivenza. Il contesto multi-culturale della ex Jugoslavia: sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti ....
Il volume, con la ricerca-azione che lo sostanzia, rappresenta anche una riflessione sui patrimoni culturali, sia materiali sia intangibili, in termini di sedimenti di memoria e di valore culturale universale al di là e oltre le divisioni socio-culturali e le barriere etniche. Il nesso tra pace e giustizia, migrazioni e inclusione diventa allora significativamente evidente: nell'incontro con l'altro maturano le condizioni dello sviluppo dei rapporti sociali e l'impegno per l'inclusione e per l'accoglienza.
L'evento presso la Libreria Tamu, a Napoli, in calendario sabato 16 Marzo, diventa così l'occasione per riflettere e per confrontarci su questi ed altri contenuti. Una riflessione corale con cui provare a mettere a fuoco il tema della memoria per superare i "recinti" delle appartenenze escludenti e delineare una prospettiva di convivenza, di condivisione e di pace.
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