Museo Etnologico "Emin Gjiku", Prishtina, Kosovo (Foto di G. Pisa) |
Nel “lavoro di pace” e, nello specifico, nei processi di trasformazione del conflitto e di ri-composizione post-conflitto, il complesso delle forme e delle dinamiche che appartengono all’universo culturale assume un’importanza, sebbene spesso sottovalutata o non colta appieno, rilevante e significativa. Spesso distorta per alimentare ostilità e conflitto, la sfera culturale può costituire, infatti, un potente fattore di soggettivazione e di legame, tanto negli aspetti materiali, espressi intorno a luoghi ed oggetti fisici del patrimonio culturale, quanto intorno ai patrimoni immateriali, intangibili, “fatti” di narrazioni e simboli, figure ed eventi, celebrazioni e pratiche rituali.
Il riconoscimento dei giacimenti culturali e la valorizzazione dei luoghi della memoria, che, a propria volta, costituiscono punti di sedimentazione delle memorie collettive, assurgono a occasioni preziose, contro l’oblio e lo spaesamento, per costruire pace e condivisione. Sul terreno culturale si gioca, infatti, il confronto delle identità, multiple e cangianti, e si dipana la sfida del superamento dei conflitti etno-politici. Nello scenario europeo e mediterraneo, spazio continuo di conflitti e di attraversamenti, i Balcani, nucleo e limes d’Europa, esprimono polifonie di voci e di culture, ricche di potenziali di pace, e riverberano possibilità di inclusione e di convivenza. Riprendendo Johan Galtung, infatti: «Condividere insieme l’arte di una cultura dopo l’altra può già costituire una costruzione della pace; e ancor di più esporsi all’arte che crea essa stessa ponti tra le culture. Essi riconosceranno i propri temi, e la loro armonia con le altre culture può diventare quella tra le culture».
I luoghi del patrimonio culturale, materiale e immateriale, i beni di rilevante interesse storico e culturale, paesaggistico e archeologico, i luoghi della memoria, nell’orizzonte delineato dalla Carta UNESCO e nella prospettiva del «culture-oriented peace-building», vale a dire della trasformazione dei conflitti e della costruzione della pace lungo i percorsi individuati dalla «convergenza tra le culture», attraverso il Mediterraneo, irradiano per il futuro, nei Balcani, nel Kosovo post-conflitto, messaggi di trasformazione, di convivenza e di giustizia. Come indica Lisa Schirch, tra gli altri, la sfera culturale può, infatti, consentire «all’“impossibile” di divenire “reale” in quanto le persone possono generare un contesto unico in cui, anche se solo temporaneamente, simboli, messaggi sensibili ed emozioni espresse riescono a comunicare ciò che le parole, da sole, non possono».
Nei termini in cui si esprime la Carta UNESCO, in effetti, «una pace basata esclusivamente sugli accordi politici ed economici tra governi non è una pace che possa godere del sincero, unanime e duraturo supporto dei popoli del mondo, laddove, al contrario, la pace deve essere fondata, se non intende fallire, sulla piena solidarietà, morale e intellettuale, dell’umanità». Sicché, come recita l’art. 1, «scopo dell’UNESCO è contribuire alla pace e alla sicurezza promuovendo la cooperazione tra i popoli, attraverso l’educazione, la scienza e la cultura, al fine di promuovere il rispetto universale per la giustizia e lo stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali».
Occasione di confronto su queste tematiche, la presentazione del volume “Ordalie. Memorie e Memoriali per la Pace e la Convivenza” (Napoli, 2017), Mercoledì 23 Maggio 2018, ore 17.00, Complesso Monumentale di S. Maria la Nova, Napoli, con gli interventi di Elena Coccia, Consigliera Delegata al Patrimonio Culturale, Città Metropolitana di Napoli; Amarilis Gutierrez Graffe, Console Generale a Napoli della Repubblica Bolivariana del Venezuela; Immacolata Caruso, Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo, ISSM - CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche; Dorotea Giorgi, femminista, Casa Internazionale delle Donne, Trieste; Maria Teresa (Maite) Iervolino, anglista e boemista, mediatrice culturale; Manuela Marani, esperta di sviluppo territoriale e di cooperazione decentrata; Rosanna Morabito, docente di lingua e letteratura serba e croata, Università “L’Orientale”, Napoli. L’iniziativa ha il patrocinio morale della Città Metropolitana di Napoli e dell’Osservatorio Permanente per il Centro Storico di Napoli Sito UNESCO.