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Documento a conclusione della prima giornata del Convegno di Gorizia/Nova Gorica "Negoziare la Pace" (30 dicembre 2023) appuntamento di fine anno di Pax Christi Italia con il Comitato permanente per la Pace di Gorizia e Nova Gorica.
I Corpi Civili di Pace rappresentano una proposta complessiva di società civile per la prevenzione e il contrasto della guerra, per la concretizzazione della diplomazia dei popoli, per la promozione e la costruzione della pace. Essi ereditano e fanno propria una lunga tradizione di pensiero e di pratiche di società civile e movimenti popolari per la pace, i diritti umani e la nonviolenza, dalle Shanti Sena di ispirazione gandhiana alle World Peace Brigades, dai Caschi Bianchi alla promessa, ispirata da Alex Langer e altri/altre, di Corpi Civili di Pace Europei.
Ad essi fanno riferimento documenti ed esperienze capaci di ispirare i percorsi del nostro tempo: a partire dalla Agenda per la Pace (1992) del Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali con le definizioni di peace-keeping, peace-making, peace-building e diplomazia preventiva, e quindi le numerose e ricchissime esperienze di interposizione e di mediazione di pace della società civile, dalle marce per la pace nella ex Jugoslavia alle esperienze di interposizione nonviolenta nei conflitti, dall’esperienza delle Ambasciate di Pace in zona di confitto, in particolare in Iraq e in Kosovo, alle più recenti sperimentazioni per Corpi Civili di Pace.
I Corpi Civili di Pace sono infatti un potente strumento di impegno civile, non armato e nonviolento, “sui” e “nei” conflitti: uno strumento per agire “sui” conflitti, per studiarli e interpretarli, comprenderne le moderne modalità di articolazione, e per intervenire “nei” conflitti, per contenerne la dinamica, impedirne l’escalazione, prevenirne l’insorgenza, avviarne la trasformazione, superarli nel senso della costruzione della pace.
Come le organizzazioni di società civile hanno più volte sperimentato nei loro progetti, non solo l’intervento si svolge nel quadro di una progettazione condivisa, in tutte le sue fasi, con gli operatori e le operatrici locali, ma può concretizzarsi solo su «richiesta leggibile» da parte degli operatori e delle operatrici dei contesti di destinazione, che attivano e concretizzano, quindi, la richiesta di un intervento che avvenga a supporto degli attori di pace locali nel loro impegno per la de-escalazione, per i diritti umani e per la costruzione della pace.
In coerenza con queste premesse, i Corpi Civili di Pace possono sviluppare, in ambito civile, relazioni di collaborazione con altre organizzazioni di società civile purché queste abbiano scelto una modalità di azione sinceramente ispirata ai valori della pace e dei diritti umani, mostrando, al tempo stesso, una potenzialità di impatto positivo sul conflitto, ai fini della sua gestione, soluzione e trasformazione nonviolenta.
Viceversa, per quanto concerne l’ambito militare, «con attori armati - regolari e non regolari - non sono ammesse forme di collaborazione o sinergia né scorta armata; può esserci dialogo finalizzato alla gestione nonviolenta del conflitto o scambio di informazioni sulla sicurezza, ove questo non pregiudichi la legittimità nonviolenta della missione, in termini di modalità d’azione e di ricezione presso le parti», così come evidenzia il documento su “Identità e criteri degli Interventi Civili di Pace italiani”, elaborato, nel 2011, dal Tavolo Interventi Civili di Pace.
Sul campo, dunque, si possono attivare collaborazioni con altre realtà di società civile, agenzie di organizzazioni internazionali, istituzioni pubbliche, solo se tali rapporti non minano l’indipendenza e l’imparzialità della missione.
Come tante volte le realtà di società civile hanno saputo concretizzare nelle loro attività e nei loro progetti di prevenzione della violenza e di costruzione della pace, si tratta di essere, quanto più possibile, «neutrali rispetto alle parti in conflitto, ma mai neutrali di fronte alle grandi violazioni dei diritti umani», avendo come bussola la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti umani, i principi fondativi del diritto e della giustizia internazionale, e facendo affidamento su una formazione e una preparazione solide ed efficaci.
I Corpi Civili di Pace sono, infatti, una modalità di intervento civile, non armato e nonviolento, posta in essere da squadre di civili, professionisti e volontari, che, come terze parti, sostengono gli attori locali nella prevenzione della violenza, nella gestione e trasformazione del conflitto, nella costruzione della pace.
L’impegno della società civile, nel contesto dell’attivazione di Gorizia e Nova Gorica come Capitale Europea della Cultura 2025, può dunque alimentare e rinnovare la proposta di trasformare Nova Gorica con Gorizia in un vero e proprio epicentro di elaborazione e formazione per Corpi Civili di Pace e, in prospettiva e con altre realtà sulla scena nazionale e internazionale, in un vero e proprio laboratorio planetario di pace e giustizia.
È più che mai opportuno, in questo senso, rilanciare un percorso, nel quadro di Gorizia e Nova Gorica Capitale Europea della Cultura, finalizzato alla costruzione di un vero e proprio «Centro internazionale di elaborazione e di formazione per Corpi Civili di Pace». Come nelle migliori esperienze sviluppate in tal senso, a partire da un forte radicamento locale, capace di veicolare consenso e partecipazione intorno ai contenuti della proposta, ci si propone di promuovere una proficua convergenza tra enti, istituzioni scientifiche e accademiche, organizzazioni e reti della società civile, per sviluppare le due direttrici di tale impegno: un Centro internazionale, basato a Gorizia e Nova Gorica, per la formazione degli operatori e delle operatrici dei Corpi Civili di Pace e per l’elaborazione di analisi e strumenti per la prevenzione della violenza e la trasformazione positiva dei conflitti.
I Corpi Civili di Pace rappresentano una proposta complessiva di società civile per la prevenzione e il contrasto della guerra, per la concretizzazione della diplomazia dei popoli, per la promozione e la costruzione della pace. Essi ereditano e fanno propria una lunga tradizione di pensiero e di pratiche di società civile e movimenti popolari per la pace, i diritti umani e la nonviolenza, dalle Shanti Sena di ispirazione gandhiana alle World Peace Brigades, dai Caschi Bianchi alla promessa, ispirata da Alex Langer e altri/altre, di Corpi Civili di Pace Europei.
Ad essi fanno riferimento documenti ed esperienze capaci di ispirare i percorsi del nostro tempo: a partire dalla Agenda per la Pace (1992) del Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali con le definizioni di peace-keeping, peace-making, peace-building e diplomazia preventiva, e quindi le numerose e ricchissime esperienze di interposizione e di mediazione di pace della società civile, dalle marce per la pace nella ex Jugoslavia alle esperienze di interposizione nonviolenta nei conflitti, dall’esperienza delle Ambasciate di Pace in zona di confitto, in particolare in Iraq e in Kosovo, alle più recenti sperimentazioni per Corpi Civili di Pace.
I Corpi Civili di Pace sono infatti un potente strumento di impegno civile, non armato e nonviolento, “sui” e “nei” conflitti: uno strumento per agire “sui” conflitti, per studiarli e interpretarli, comprenderne le moderne modalità di articolazione, e per intervenire “nei” conflitti, per contenerne la dinamica, impedirne l’escalazione, prevenirne l’insorgenza, avviarne la trasformazione, superarli nel senso della costruzione della pace.
Come le organizzazioni di società civile hanno più volte sperimentato nei loro progetti, non solo l’intervento si svolge nel quadro di una progettazione condivisa, in tutte le sue fasi, con gli operatori e le operatrici locali, ma può concretizzarsi solo su «richiesta leggibile» da parte degli operatori e delle operatrici dei contesti di destinazione, che attivano e concretizzano, quindi, la richiesta di un intervento che avvenga a supporto degli attori di pace locali nel loro impegno per la de-escalazione, per i diritti umani e per la costruzione della pace.
In coerenza con queste premesse, i Corpi Civili di Pace possono sviluppare, in ambito civile, relazioni di collaborazione con altre organizzazioni di società civile purché queste abbiano scelto una modalità di azione sinceramente ispirata ai valori della pace e dei diritti umani, mostrando, al tempo stesso, una potenzialità di impatto positivo sul conflitto, ai fini della sua gestione, soluzione e trasformazione nonviolenta.
Viceversa, per quanto concerne l’ambito militare, «con attori armati - regolari e non regolari - non sono ammesse forme di collaborazione o sinergia né scorta armata; può esserci dialogo finalizzato alla gestione nonviolenta del conflitto o scambio di informazioni sulla sicurezza, ove questo non pregiudichi la legittimità nonviolenta della missione, in termini di modalità d’azione e di ricezione presso le parti», così come evidenzia il documento su “Identità e criteri degli Interventi Civili di Pace italiani”, elaborato, nel 2011, dal Tavolo Interventi Civili di Pace.
Sul campo, dunque, si possono attivare collaborazioni con altre realtà di società civile, agenzie di organizzazioni internazionali, istituzioni pubbliche, solo se tali rapporti non minano l’indipendenza e l’imparzialità della missione.
Come tante volte le realtà di società civile hanno saputo concretizzare nelle loro attività e nei loro progetti di prevenzione della violenza e di costruzione della pace, si tratta di essere, quanto più possibile, «neutrali rispetto alle parti in conflitto, ma mai neutrali di fronte alle grandi violazioni dei diritti umani», avendo come bussola la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti umani, i principi fondativi del diritto e della giustizia internazionale, e facendo affidamento su una formazione e una preparazione solide ed efficaci.
I Corpi Civili di Pace sono, infatti, una modalità di intervento civile, non armato e nonviolento, posta in essere da squadre di civili, professionisti e volontari, che, come terze parti, sostengono gli attori locali nella prevenzione della violenza, nella gestione e trasformazione del conflitto, nella costruzione della pace.
L’impegno della società civile, nel contesto dell’attivazione di Gorizia e Nova Gorica come Capitale Europea della Cultura 2025, può dunque alimentare e rinnovare la proposta di trasformare Nova Gorica con Gorizia in un vero e proprio epicentro di elaborazione e formazione per Corpi Civili di Pace e, in prospettiva e con altre realtà sulla scena nazionale e internazionale, in un vero e proprio laboratorio planetario di pace e giustizia.
È più che mai opportuno, in questo senso, rilanciare un percorso, nel quadro di Gorizia e Nova Gorica Capitale Europea della Cultura, finalizzato alla costruzione di un vero e proprio «Centro internazionale di elaborazione e di formazione per Corpi Civili di Pace». Come nelle migliori esperienze sviluppate in tal senso, a partire da un forte radicamento locale, capace di veicolare consenso e partecipazione intorno ai contenuti della proposta, ci si propone di promuovere una proficua convergenza tra enti, istituzioni scientifiche e accademiche, organizzazioni e reti della società civile, per sviluppare le due direttrici di tale impegno: un Centro internazionale, basato a Gorizia e Nova Gorica, per la formazione degli operatori e delle operatrici dei Corpi Civili di Pace e per l’elaborazione di analisi e strumenti per la prevenzione della violenza e la trasformazione positiva dei conflitti.
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