Foto di Arben Llapashtica, via Wikimedia Commons |
Sembra incredibile, ma le cose stanno così: tutti gli orologi
attivati da rete elettrica in Europa, come ad esempio, ma non solo, gli orologi
delle radio-sveglie, dei forni elettrici, del riscaldamento elettrico, sono
sistematicamente in ritardo, accusano cioè un ritardo, che si è
progressivamente accumulato a partire dal gennaio di quest’anno, che ammonta
adesso a circa sei minuti.
La spiegazione più immediata sta in una
“irregolarità” nella frequenza della rete elettrica europea, come ha confermato
un comunicato
emesso lo scorso 6 marzo dalla ENTSOE, la Rete Europea degli Operatori dei
Sistemi di Trasmissione dell’Elettricità, vale a dire la rete degli operatori
di rete elettrica attivi nel cosiddetto «Continental European Power System», un’area comune di frequenza elettrica “sincronizzata”, che abbraccia 25 Paesi e
che si estende dalla Spagna alla Polonia e dai Paesi Bassi alla Turchia. Qui,
dalla metà del gennaio 2018 – riporta il comunicato – «si sta verificando una
continua deviazione nella frequenza di sistema rispetto al valore principale di
50 Hz».
Perché questo scostamento sia così significativo e possa avere
effetti così paradossalmente rilevanti, è lo stesso comunicato a spiegarlo,
quando specifica che un sistema elettrico sincronizzato è un sistema ad ampio
raggio (in termini tecnici, una griglia di elettricità) che copre diversi Paesi
che operano sulla base di una frequenza sincronizzata e che è tenuta insieme, sotto
il profilo elettrico, in normali condizioni di sistema. Nell’Europa
continentale, tale frequenza sincronizzata è pari a 50 Hz.
Tuttavia «affinché
il sistema funzioni correttamente, la frequenza non può essere inferiore a 47.6
Hz. e superiore a 52.4 Hz. Ai valori-limite di 47.5 Hz. (sotto-frequenza) e di
52.5 Hz. (sovra-frequenza) i dispositivi collegati si disconnettono
automaticamente. La frequenza media a partire da metà gennaio del 2018 sino ad
oggi è stata di 49.996 Hz.» inferiore ai 50 Hz. della frequenza media di
sincronizzazione. Questo determina il ritardo.
Vi è un ammanco di energia
attualmente pari a 113 GWh. La conseguente riduzione della frequenza sotto i 50
Hz. provoca un ritardo, oggi pari a sei minuti, in tutti gli orologi alimentati
dall’energia elettrica nel continente europeo. Ma cosa ha determinato questo
vero e proprio, sorprendente, «rallentamento del tempo»?
«Le deviazioni di potenza» – spiega il comunicato
della ENTSOE – «hanno origine nella zona di controllo denominata Serbia,
Macedonia, Montenegro (SMM) e, in particolare, in Kosovo e Serbia». E la
questione, che a prima vista sembrava ascrivibile a mere motivazioni
“tecniche”, finisce per avere invece risvolti e ragioni ben più profonde,
politiche: «I disaccordi politici che contrappongono le autorità della Serbia e
del Kosovo hanno determinato questo impatto sull’elettricità. Se non sarà
trovata una soluzione a livello politico, il rischio di tale deviazione potrà
permanere».
Da quanto si apprende, infatti, proprio a partire dalla metà del
gennaio di quest’anno, il Kosovo ha iniziato a consumare più elettricità di
quanta ne produce, in relazione ai parametri di produzione e di consumo
stabiliti e regolati a livello europeo. Questo ammanco di energia non è stato
ripianato e, pertanto, dal momento che il sistema elettrico europeo è interconnesso
e i valori regolati in maniera tale da coinvolgere tutti i Paesi connessi nella
rete, l’ammanco ha causato un geometrico «effetto domino» da un capo all’altro
del continente.
Come è stato riferito dalla stampa,
se vi è uno squilibrio da qualche parte, questo si riverbera sulle altre parti;
se vi è una riduzione, questa porta a una lenta diminuzione della frequenza. E
così, a cascata, la mancata soluzione dei problemi del Kosovo e lo stallo negli
accordi tra Belgrado e Prishtina, ha finito per riverberarsi sul continente.
Che la controversia richieda una soluzione di natura politica,
lo dimostra il tenore delle reciproche accuse tra autorità serbe e kosovare:
l’operatore elettrico serbo ha precisato che, nei mesi di gennaio e febbraio,
le autorità kosovare hanno prelevato, senza autorizzazione, energia elettrica
dall’area continentale europea di sincronizzazione, determinando quindi
l’ammanco, la riduzione di frequenza, e il ritardo negli orologi; viceversa,
dall’operatore elettrico kosovaro hanno riconosciuto che energia elettrica sia
stata stornata nel Kosovo settentrionale, fuori dal controllo delle autorità
centrali kosovare, e tuttavia quei consumi elettrici non sono stati pagati
all’ente elettrico.
Il Nord del Kosovo, a maggioranza serba e legato a
Belgrado, è in ampia misura fuori dal controllo delle autorità centrali, a
maggioranza albanese, del Kosovo. Anche questa situazione è figlia di una
controversia politica: Belgrado e Prishtina hanno pattuito un Accordo
sull’Energia nel 2015 finalizzato alla costituzione, da parte
dell’ente elettrico della Serbia, di una propria controllata per la fornitura
dell’energia elettrica in Kosovo, per le municipalità a maggioranza serba della
regione; ma l’accordo non è stato implementato, la compagnia prevista non è
stata ancora registrata e autorizzata, e le autorità kosovare mostrano, nel
migliore dei casi, una certa “indolenza”, nell’implementazione di questi
accordi, finalizzati, con altri, alla normalizzazione delle relazioni tra le
due “capitali”.
Il primo accordo di principio per la normalizzazione delle
relazioni risale, ormai, al 19 Aprile 2013, l’epoca dei famosi, storici,
Accordi di Bruxelles, o Brussels
Agreement. Quasi cinque anni di ritardi. E sei, incredibili,
minuti.