Saint Nicholas Church, Prishtina, Kosovo, by Eraalickaj, commons.wikimedia.org/wiki/File:Saint_Nicholas_Orthodox_Church_in_Prishtina,_Kosovo.JPG |
Apre a Prishtina, con l’obiettivo dichiarato di preservare la cultura, i costumi e le tradizioni della comunità serba del Kosovo, che oggi ammonta a non più di una trentina di persone in città, il Centro Culturale Serbo, nei locali della Chiesa di San Nicola, nel centro storico del capoluogo kosovaro, poco distante dal Museo Etnografico Emin Gjiku. La stessa Chiesa di San Nicola rappresenta, peraltro, un «luogo della memoria» per i Serbi della città e della regione.
La Chiesa, infatti, è stata più volte presa di mira e ripetutamente attaccata dal 2002 in avanti; durante i numerosi attacchi l’ingresso principale è stato danneggiato e le finestre sono andate distrutte. Si tratta di una piccola, storica, chiesa, costruita nel 1830 sulle fondamenta del vecchio monastero serbo-ortodosso di San Nicola, ed è legata a una, tuttora presente sebbene sempre più remota, «memoria collettiva» dei Serbi del Kosovo, dal momento che è l’ultima chiesa serbo-ortodossa rimasta attiva nel capoluogo kosovaro fino ai pogrom anti-serbi del marzo 2004, che finirono col cancellare le ultime tracce di presenza serba in città. Restaurata grazie anche a fondi UE, è rientrata in funzione solo nel 2010.
In occasione della storica apertura è stata inaugurata, nei locali del centro culturale, una mostra di fotografie e cartoline sul tema della «Vecchia Prishtina» e una mostra di opere pittoriche. «I pittori serbi oggi sarebbero felici di essere qui con noi, nella città in cui hanno vissuto, creato, esposto le loro opere. Molti di loro hanno organizzato atelier e hanno visto distruggere le loro composizioni. Questa mostra, attraverso la loro creatività, segna il ritorno simbolico degli artisti serbi in città», questo il commento, riportato dagli organi di informazione, dello storico dell’arte Nebojša Jevtić.
Il Centro Culturale Serbo, che intende organizzare per il futuro dibattiti e mostre, incontri e conferenze, è stato aperto per offrire un punto di riferimento culturale per tutti i serbi del Kosovo, come ha riferito il vescovo della diocesi di Raška e Prizren, Teodosije, che ha partecipato all’inaugurazione e benedetto i locali dello spazio culturale. «Per riunire le persone in amore, unità e armonia», sono state le sue parole. E ancora: «Per promuovere e preservare ciò che è sacro e degno, ciò che i nostri antenati hanno creato e consegnato a noi, e che noi stessi, a nostra volta, siamo chiamati a mantenere e preservare per le future generazioni. Per inviare da qui un messaggio di pace e di unità».
All’apertura del Centro Culturale hanno partecipato il vice direttore dell’Ufficio Serbo per il Kosovo, Dušan Kozarev, il Segretario di Stato del Ministero dell’Economia, Branimir Stojanović, il sindaco di Gračanica. «Questo è un pezzo simbolico nel grande mosaico del ritorno della presenza serba a Prishtina», ha riferito alla stampa locale Dušan Kozarev. Ha aggiunto che oggi il popolo serbo lotta per gli stessi valori del 1804, quando ha combattuto per la giustizia, l’onestà, la verità, chiaro riferimento, storico e simbolico, alla prima rivolta serba, scoppiata proprio nel 1804 e proseguita sino al 1813, quando i serbi insorsero contro l’oppressione ottomana, e «il diritto ad una vita normale per tutti».
«Questo è un luogo simbolico nel grande mosaico del ritorno dei serbi a Prishtina», aggiungendo, ancora con toni evocativi, «i serbi mancano a Prishtina e Prishtina manca ai serbi. Prishtina non è Prishtina senza la presenza serba e la cultura serba». Il Centro Culturale Serbo a Prishtina si propone dunque di essere un luogo di incontro e di scambio, non solo del popolo serbo, ma anche con le comunità vicine, «con tutti i vicini, indipendentemente dal loro nome e cognome» e con ospiti e amici provenienti da tutto il mondo.
Nella Chiesa di S. Nicola si è tenuta anche una celebrazione in occasione della festa della Candelora, con la benedizione delle candele, che celebra la festività della presentazione al Tempio e la festa della Luce. Anche qui si riscontra una tradizione “orientale”: la festa ebbe origine in Oriente con il nome di «Ipapante», vale a dire «Incontro». Soprattutto nella Gallia, a partire dal VI secolo, si caratterizzò per la solenne benedizione e per la processione delle candele (da cui la designazione di festa delle Luci) che ha dato il nome alla festività.
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