di j.budissin (Julian Nitzsche) [GFDL (gnu.org/copyleft/fdl.html) o CC BY-SA 4.0-3.0-2.5-2.0-1.0 (creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0-3.0-2.5-2.0-1.0)], attraverso Wikimedia Commons |
Sulla pubblicazione dei risultati del censimento in Bosnia si è sviluppato un lungo dibattito e sono montate non poche polemiche. Il censimento si è svolto, infatti, nel 2013 e, sin da subito, è stato accompagnato da polemiche: sui criteri di svolgimento delle indagini nelle diverse aree territoriali, sul carattere delle domande riguardanti l'appartenenza etnica, la religione e la madrelingua, sulla possibile strumentalizzazione ad uso politico dei dati statistici. Non si trattava e non si tratta di preoccupazioni di poco conto: basti ricordare, a proposito, che il precedente censimento si è svolto nel lontano 1991, in un contesto, ancora per poco, jugoslavo, prima dell'indipendenza del paese e prima della guerra, dell'assedio e della divisione su base etnica. Questa è, infatti, la motivazione di una delle tante preoccupazioni che hanno accompagnato il censimento: dopo la guerra, con gli Accordi di Dayton e la riconfigurazione amministrativa del paese, a partire dalla fine del 1995, la Bosnia Erzegovina è un paese unitario più di nome - e per poche funzioni, tra le quali, essenzialmente, quelle di politica estera, di politica doganale, di politica monetaria - che di fatto - e nella complessità della sua articolazione, nelle aree della politica interna, dell'amministrazione della giustizia, dell'istruzione, della sanità, del lavoro, di tutto quanto allude al welfare e al benessere della popolazione, a prescindere dalla provenienza etnica - divisa com'è in due entità prevalenti (la Federazione croato-musulmana e la Repubblica Serba di Bosnia), con una forte connotazione etnica (testimoniata peraltro sin dalle rispettive denominazioni), ciascuna dotata di una propria amministrazione ed una propria autonomia, di un proprio governo e di un proprio parlamento.
Alla fine, quasi tre anni dopo, i risultati del censimento sono stati pubblicati (e sono reperibili al sito internet: popis2013.ba) e rappresentano una fotografia delle contraddizioni del paese e dell'impegno che tuttora è evidentemente necessario per superare le conseguenze del conflitto e per migliorare le condizioni di vita della popolazione, di ogni etnia e provenienza. La popolazione totale della Bosnia Erzegovina (a seguire, per semplicità, Bosnia), ammonta oggi a poco più di 3.5 milioni di abitanti, di cui poco più di 2.2 milioni nella Federazione croato-musulmana e poco più di 1.2 milioni nella Repubblica Serba; 83 mila persone abitano il Distretto di Brčko, istituito per creare una sorta di corridoio a cavallo tra la Federazione e la Repubblica Serba, della quale interrompe la continuità territoriale. In termini percentuali, significa che la Federazione ospita ca. il 63% della popolazione, la Repubblica Serba il 35% e il Distretto di Brčko poco più del 2%, che corrispondono ampiamente alla ripartizione per linee etno-comunitarie della popolazione, dal momento che i bosniacchi (musulmani) sono il 50% della popolazione complessiva, ma il 70% della Federazione croato-musulmana e appena il 14% della Repubblica Serba, laddove, viceversa, i serbi sono quasi il 31% della popolazione complessiva, ma più dell'81% della Repubblica Serba e appena il 2.5% della Federazione croato-musulmana. I croati sono quasi il 15.5% del totale, vivono in gran parte nella Federazione (il 22.5% del totale), mentre nella Repubblica Serba ammontano ad appena il 2.5% del totale.
Per impostazione, il censimento non dava molte altre possibilità se non quelle di non dichiarare l'appartenenza etnica (opzione cui ha fatto ricorso meno del 1% del totale, con una percentuale sopra la media nella Federazione) o dichiararsi “ostali”, cioè “altri”, sfuggendo in questo modo alla gabbia etnica (anche questa, peraltro, allude alle conseguenze di Dayton) della tripartizione tra bosniacchi, serbi e croati, e sono “ostali”, secondo il censimento, quasi il 3% della popolazione totale e circa il 3.6% della Federazione. Quanto alla affiliazione religiosa, secondo il censimento, la Bosnia ospita quasi 1.8 milioni di musulmani (l'88% dei quali nella Federazione croato-musulmana, di cui costituiscono il 71% della popolazione), quasi 1.1 milione di ortodossi (il 92% dei quali in Repubblica Serba, di cui costituiscono l' 81% della popolazione) e quasi 536 mila cattolici (soprattutto nei cantoni croati della Federazione), cui vanno aggiunti quasi 11 mila agnostici e quasi 28 mila atei, mentre oltre 73 mila persone non dichiarano la religione o dichiarano “altro”.
Il censimento mostra intera la complessità e le contraddizioni che (ancora) attraversano il paese: la popolazione sopra i 15 anni in Bosnia ammonta a quasi tre milioni di persone, di queste il 59% dichiara di essere sposato, ma questa percentuale supera il 60% nella Federazione e si riduce al 57% nella Repubblica Serba; su una popolazione femminile superiore ai 15 anni pari a poco più di 1.5 milioni di donne, il 58% dichiara di avere almeno due figli; nell'ambito della popolazione complessiva superiore ai 10 anni di età, il 2.8% (quasi 90 mila persone) è analfabeta e di queste 90 mila persone, quasi 78 mila sono donne, cosicché, in termini percentuali, l'incidenza dell'analfabetismo tra gli uomini è dello 0.8% e tra le donne addirittura del 4.8%; in alcuni cantoni il tasso di analfabetismo supera l'8%; e, all'interno della popolazione complessiva sopra i 15 anni, la popolazione universitaria è inferiore al 10% e, come è facile immaginare, le aree in cui si misurano i tassi di istruzione superiore ed universitaria più rilevanti sono le maggiori aree urbane, dove la popolazione interessata supera il 20%, in special modo nei distretti di Sarajevo (capitale del paese), Mostar (una delle città di riferimento dei croati di Bosnia) e Banja Luka (capitale della Repubblica Serba). Tra la popolazione sopra i 10 anni, solo il 36% è “computer literate”, vale a dire capace di utilizzare appropriatamente il computer, mentre oltre il 62% è parzialmente incompetente o del tutto incompetente nell'utilizzo del computer. Infine, per quello che riguarda il lavoro, su una popolazione complessiva in età di lavoro pari a poco meno di tre milioni di persone, e una forza lavoro complessiva di 1.4 milioni di persone, i disoccupati ammontano in totale a più di 328 mila persone, con un tasso di disoccupazione pari al 24%, laddove tuttavia la percentuale tra le donne sale al 26%, segnalando, con tutta evidenza, il differenziale di genere e le difficoltà di sviluppo del paese.
Anche in comparazione col censimento del 1991, in evoluzione storica, i dati sono eloquenti: la popolazione bosniaca è diminuita di quasi 846 mila persone; i bosniacchi passano dal 43% al 50% della popolazione, i serbi restano intorno al 31%, i croati si riducono dal 17.5% al 15.5%; la voce degli “jugoslavi” non era prevista, ma nel 1991, si dichiarava tale il 5.5% della popolazione. Ne esce, in definitiva, il quadro di una Bosnia divisa e separata, condizionata dalle faglie etniche e dalle conseguenze del conflitto, letteralmente cristallizzata nella situazione sancita dagli accordi di Dayton che, se da un lato hanno consentito la fine della guerra e la ricostruzione del paese, tuttavia hanno finito per "sancire" la distizione etnica e la separazione delle comunità, con tassi di analfabetismo e gap di sviluppo ancora molto elevati, che necessita di ancora maggiore impegno e ancor più costante attenzione per liberarsi dal passato e andare incontro al futuro, migliorare le condizioni di vita e di lavoro e favorire processi inclusione e, davvero, di convivenza.
Alla fine, quasi tre anni dopo, i risultati del censimento sono stati pubblicati (e sono reperibili al sito internet: popis2013.ba) e rappresentano una fotografia delle contraddizioni del paese e dell'impegno che tuttora è evidentemente necessario per superare le conseguenze del conflitto e per migliorare le condizioni di vita della popolazione, di ogni etnia e provenienza. La popolazione totale della Bosnia Erzegovina (a seguire, per semplicità, Bosnia), ammonta oggi a poco più di 3.5 milioni di abitanti, di cui poco più di 2.2 milioni nella Federazione croato-musulmana e poco più di 1.2 milioni nella Repubblica Serba; 83 mila persone abitano il Distretto di Brčko, istituito per creare una sorta di corridoio a cavallo tra la Federazione e la Repubblica Serba, della quale interrompe la continuità territoriale. In termini percentuali, significa che la Federazione ospita ca. il 63% della popolazione, la Repubblica Serba il 35% e il Distretto di Brčko poco più del 2%, che corrispondono ampiamente alla ripartizione per linee etno-comunitarie della popolazione, dal momento che i bosniacchi (musulmani) sono il 50% della popolazione complessiva, ma il 70% della Federazione croato-musulmana e appena il 14% della Repubblica Serba, laddove, viceversa, i serbi sono quasi il 31% della popolazione complessiva, ma più dell'81% della Repubblica Serba e appena il 2.5% della Federazione croato-musulmana. I croati sono quasi il 15.5% del totale, vivono in gran parte nella Federazione (il 22.5% del totale), mentre nella Repubblica Serba ammontano ad appena il 2.5% del totale.
Per impostazione, il censimento non dava molte altre possibilità se non quelle di non dichiarare l'appartenenza etnica (opzione cui ha fatto ricorso meno del 1% del totale, con una percentuale sopra la media nella Federazione) o dichiararsi “ostali”, cioè “altri”, sfuggendo in questo modo alla gabbia etnica (anche questa, peraltro, allude alle conseguenze di Dayton) della tripartizione tra bosniacchi, serbi e croati, e sono “ostali”, secondo il censimento, quasi il 3% della popolazione totale e circa il 3.6% della Federazione. Quanto alla affiliazione religiosa, secondo il censimento, la Bosnia ospita quasi 1.8 milioni di musulmani (l'88% dei quali nella Federazione croato-musulmana, di cui costituiscono il 71% della popolazione), quasi 1.1 milione di ortodossi (il 92% dei quali in Repubblica Serba, di cui costituiscono l' 81% della popolazione) e quasi 536 mila cattolici (soprattutto nei cantoni croati della Federazione), cui vanno aggiunti quasi 11 mila agnostici e quasi 28 mila atei, mentre oltre 73 mila persone non dichiarano la religione o dichiarano “altro”.
Il censimento mostra intera la complessità e le contraddizioni che (ancora) attraversano il paese: la popolazione sopra i 15 anni in Bosnia ammonta a quasi tre milioni di persone, di queste il 59% dichiara di essere sposato, ma questa percentuale supera il 60% nella Federazione e si riduce al 57% nella Repubblica Serba; su una popolazione femminile superiore ai 15 anni pari a poco più di 1.5 milioni di donne, il 58% dichiara di avere almeno due figli; nell'ambito della popolazione complessiva superiore ai 10 anni di età, il 2.8% (quasi 90 mila persone) è analfabeta e di queste 90 mila persone, quasi 78 mila sono donne, cosicché, in termini percentuali, l'incidenza dell'analfabetismo tra gli uomini è dello 0.8% e tra le donne addirittura del 4.8%; in alcuni cantoni il tasso di analfabetismo supera l'8%; e, all'interno della popolazione complessiva sopra i 15 anni, la popolazione universitaria è inferiore al 10% e, come è facile immaginare, le aree in cui si misurano i tassi di istruzione superiore ed universitaria più rilevanti sono le maggiori aree urbane, dove la popolazione interessata supera il 20%, in special modo nei distretti di Sarajevo (capitale del paese), Mostar (una delle città di riferimento dei croati di Bosnia) e Banja Luka (capitale della Repubblica Serba). Tra la popolazione sopra i 10 anni, solo il 36% è “computer literate”, vale a dire capace di utilizzare appropriatamente il computer, mentre oltre il 62% è parzialmente incompetente o del tutto incompetente nell'utilizzo del computer. Infine, per quello che riguarda il lavoro, su una popolazione complessiva in età di lavoro pari a poco meno di tre milioni di persone, e una forza lavoro complessiva di 1.4 milioni di persone, i disoccupati ammontano in totale a più di 328 mila persone, con un tasso di disoccupazione pari al 24%, laddove tuttavia la percentuale tra le donne sale al 26%, segnalando, con tutta evidenza, il differenziale di genere e le difficoltà di sviluppo del paese.
Anche in comparazione col censimento del 1991, in evoluzione storica, i dati sono eloquenti: la popolazione bosniaca è diminuita di quasi 846 mila persone; i bosniacchi passano dal 43% al 50% della popolazione, i serbi restano intorno al 31%, i croati si riducono dal 17.5% al 15.5%; la voce degli “jugoslavi” non era prevista, ma nel 1991, si dichiarava tale il 5.5% della popolazione. Ne esce, in definitiva, il quadro di una Bosnia divisa e separata, condizionata dalle faglie etniche e dalle conseguenze del conflitto, letteralmente cristallizzata nella situazione sancita dagli accordi di Dayton che, se da un lato hanno consentito la fine della guerra e la ricostruzione del paese, tuttavia hanno finito per "sancire" la distizione etnica e la separazione delle comunità, con tassi di analfabetismo e gap di sviluppo ancora molto elevati, che necessita di ancora maggiore impegno e ancor più costante attenzione per liberarsi dal passato e andare incontro al futuro, migliorare le condizioni di vita e di lavoro e favorire processi inclusione e, davvero, di convivenza.