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Alla vigilia della
kermesse della “Arena di Pace e Disarmo” si moltiplicano le riflessioni destinate ad accompagnare i diversi
profili tematici di quella che si annuncia come la manifestazione più
importante del movimento italiano per la pace, almeno insieme alla
prossima Marcia della Pace Perugia-Assisi in programma per il 19 Ottobre, di quest'anno.
Certo, non hanno mancato
di destare sconcerto alcune presenze, diciamo così, controverse, in
primo luogo quella di Simone Cristicchi, già coinvolto in una lunga
polemica per il carattere neo-revisionistico del suo ultimo spettacolo sul
fronte orientale (“Magazzino 18”), polemiche che pure, per altro
verso, hanno avuto il “merito” di rimettere attenzione sulla
controversa vicenda del fronte orientale, degli episodi di guerra,
della pulizia etnica fascista, delle “foibe” e delle eredità del
conflitto e della liberazione.
Le vicende di guerra,
dunque, tracimano, precipitando quotidianamente nel nostro presente.
Intanto, le vicende del passato, che non riguardano solo il secondo,
quanto oggi soprattutto il primo conflitto mondiale: basti
considerare la pubblicistica, eminentemente occidentale, su cause e
responsabilità dello scoppio del conflitto, le ambiguità delle
kermesse internazionali che “celebrano” il centenario tra sponsor
non esattamente di pace (non solo USAID) e partecipazioni non
esattamente bilanciate (i serbi ampiamente esclusi), come nel
caso, assai controverso, del Sarajevo Peace Event di Giugno
2014.
E poi le vicende del
presente, che evidentemente continuano ad imbarazzare, anche tra le
forze più consapevoli a sinistra, analisi a volte superficiali e
sbrigative. Basti considerare una recente presa di posizione, in
merito all'invio di “forze di pace” in Ucraina, da parte di
Francuccio Gesualdi,
alla quale sarebbe bene ricordare, almeno, che l'intervento dei Corpi
Civili di Pace può avvenire solo su una, comunque leggibile,
richiesta locale; deve muoversi in una cornice di legittimità e
indipendenza dalle formazioni militari sul campo; e non può e non
deve prestarsi a manipolazioni ed a strumentalizzazioni di sorta.
Nel caso ucraino, è bene
ricordare che la “controparte” dei movimenti che si sono
sollevati nelle regioni russofone è un governo illegittimo, salito
al potere con un golpe, in cui una parte preponderante hanno avuta
formazioni fasciste e naziste.
Forse, non è del tutto inutile ricordare che l'azione, civile,
disarmata e nonviolenta, dei Corpi Civili di Pace, si sviluppa, al
tempo stesso, “sopra” e “dentro” il conflitto, e, pertanto,
non può prescindere da un'attenta analisi del conflitto stesso, dai
suoi presupposti e le sue motivazioni, dalle sue evoluzioni e i suoi
svolgimenti, sino alla dinamica e alle conseguenze, sempre dolorose,
che produce.
Anche per questo, a
dispetto di quanto sbrigativamente scritto in un recente documento di
alcuni enti di pace per il Servizio Civile,
i Corpi Civili di Pace svolgono una «azione
civile, non armata e nonviolenta di operatori professionali e
volontari che, come terze parti, sostengono gli attori locali nella
prevenzione e nella trasformazione dei conflitti. L'obiettivo degli
interventi è infatti la promozione di una pace positiva, intesa come
cessazione della violenza ma anche come piena affermazione di diritti
umani e di benessere sociale».
Di conseguenza, lungi dal
«partecipare a briefing
periodici sulla sicurezza con missioni militari ONU e italiane nella
zona di intervento» come prescrive il - talvolta strampalato -
documento per il Servizio Civile, andrebbe piuttosto ricordato che
«con gli attori armati - regolari e non regolari - non sono ammesse
forme di collaborazione o sinergia né scorta armata; può esserci
dialogo finalizzato alla gestione nonviolenta del conflitto o scambio
di informazioni sulla sicurezza,
ove ciò non pregiudichi la legittimità nonviolenta della missione,
in termini di modalità
d’azione e di ricezione presso le parti».
Diciamo che anche
stravolgere contenuti faticosamente condivisi per qualche fine altro non è esattamente un bel segnale. I
CCP sono uno strumento importante, che parla di un altro modello di
difesa civile, popolare, nonviolenta, di cui è bene e necessario
avere cura, senza gettarlo nella mischia delle occasioni perdute.
Anche per questo siamo tutti, al di là dei limiti e delle
contraddizioni, fiduciosi negli sviluppi della Arena di Pace e
Disarmo, «per essere
parte del cambiamento che vogliamo vedere nel mondo».
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