venerdì 20 settembre 2013

Peace Event Sarajevo 2014: perché non aderire

L’idea di un Evento di Pace a Sarajevo in occasione del centenario della prima guerra mondiale e del lungo ventennale della guerra di Bosnia è stata dettata da alcune circostanze e da una ispirazione di fondo. La circostanza è indubbiamente legata alla ricorrenza: a cento anni dalla Grande Guerra (1914-2014) essa può costituire l’occasione di una riflessione su un secolo breve a lungo attraversato da guerre e conflitti ed a venti anni da uno dei lunghi anni della Guerra di Bosnia (1992-1995) può alimentare la memoria e la riflessione e indurre spunti e sollecitazioni preziose per un secolo nuovo all’insegna della pace e della giustizia, della solidarietà e dell’amicizia tra i popoli. 

È proprio su questo terreno che, sin dalla sua indizione, il “Sarajevo Peace Event 2014” non ha mancato di suscitare dubbi e perplessità, di alimentare resistenze e divisioni anziché solidarietà e amicizia, di finire per accendere polemiche e lacerazioni, in una direzione paradossalmente eguale e contraria a quella mostrata nei suoi intendimenti dichiarati. Il tutto, sin dall’ispirazione di fondo: quella di fare in terra di Bosnia qualcosa di analogo a quanto realizzato in occasione dei Saloni per la Pace di Parigi nell’ambito delle celebrazioni e delle iniziative inquadrate nel programma della Decade delle Nazioni Unite per una Cultura di Pace e Nonviolenza (2001-2010); col rischio di fare dell’evento di Sarajevo più una vetrina dei grandi “donatori inter-nazionali” che una occasione utile al “lavoro di pace”.  

Sin dalla dichiarazione programmatica, infatti, l’Evento di Pace di Sarajevo attesta come l'anno 2014 segna il 100° anniversario dell'inizio della prima guerra mondiale, che è stata innescata dall'assassinio dell'erede al trono austriaco a Sarajevo il 28 giugno 1914. Questa può essere vista come una data simbolica per un secolo di "cultura della guerra e della violenza", con due guerre mondiali e innumerevoli guerre regionali - tra cui quella nei paesi dell'ex Jugoslavia negli anni Novanta, quando Sarajevo ha sofferto l'assedio della città nella "ultima guerra in Europa" - così come per il dominio globale della violenza strutturale e culturale.  

Una dichiarazione nella quale l’uccisione di Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico (della potenza allora occupante, in Bosnia) è considerata alla stregua di un mero assassinio e, di conseguenza, l’azione di Gavrilo Princip (irredentista serbo-bosniaco, patriota e rivoluzionario) ridotta ad una mera azione terroristica (secondo la vulgata bosniacca e austriaca che ha fatto di un movimento di liberazione, Mlada Bosna, la “Giovane Bosnia”, né più né meno di un movimento violento, estremista e terrorista).  

Ciò è bastato ad alienare all’organizzazione del “Sarajevo Peace Event 2014” il favore della gran parte dell'opinione pubblica serba, con non pochi intellettuali che si sono assai negativamente espressi contro l’operazione di falsificazione e di manipolazione che sovrintende all’evento del 2014, e con lo stesso vertice politico e istituzionale della Repubblica Serba di Bosnia (una delle due entità delle quali si compone la Bosnia Erzegovina all’indomani degli Accordi e della Costituzione di Dayton, 1995) che ha prima stigmatizzato la separazione e il non coinvolgimento dei serbi di Bosnia e quindi formalmente invitato i serbi di Bosnia a non aderire e a non partecipare ad un evento di tale natura.  

Preoccupazioni analoghe sono state ribadite, al più alto livello, anche dal premier serbo, il socialista Ivica Dacic, che è tornato sulla questione della revisione e della mistificazione della storia, e sulla campagna di denigrazione ed emarginazione dei serbi, che vorrebbe metterli, in un modo o nell’altro, ancora una volta, sul banco degli imputati, bollandoli come nazionalisti e guerrafondai ed attribuendo loro il grosso delle colpe e delle responsabilità per la destabilizzazione che ha portato alla prima guerra mondiale.  

Il 99° anniversario della famosa battaglia di Cer, celebrato lo scorso 19 Agosto con i più alti onori militari e statali a Tekeris, vicino Loznica, nella Serbia occidentale, come la battaglia in cui l’esercito serbo ha segnato la prima vittoria per le forze alleate contro l'esercito austro-ungarico durante la stessa prima guerra mondiale, ha costituito l’occasione e la cornice, per le massime autorità statali serbe e in primo luogo per il premier Dacic, per tornare sulla questione e puntualizzare la posizione. 

Rivolgendosi ai cittadini riuniti nell’occasione, Dacic ha detto che la Serbia deve lottare per la verità sulla Grande Guerra, cento anni dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, e deve contrastare il tentativo in corso di “revisione” della storia. Ha inoltre espresso la preoccupazione che, nella celebrazione del 100° anniversario della prima guerra mondiale a Sarajevo, i serbi siano ancora una volta “messi ai margini” ed accusati di incitamento del più grande conflitto armato della storia moderna.  

Tali tentativi sono stati rinnovati con maggiore insistenza anche nel corso degli ultimi mesi, in modo da incolpare i serbi per l’assassinio di Sarajevo, in cui i membri della organizzazione irredentista, Mlada Bosna, hanno colpito il principe austro-ungarico Francesco Ferdinando e la moglie il 28 giugno 1914. Il fatto di collocare in tale evento l’inizio reale del conflitto mondiale dimostra il tentativo di falsificazione in atto e la strumentalizzazione dell’evento stesso. Un fatto che viene ignorato in questo contesto è che l’assassinio di Sarajevo è stato utilizzato come scusa e pretesto per le tendenze imperialiste e per i piani di aggressione da parte dell’Austria-Ungheria e della Germania, come è stato ricordato da Dacic. 

Tale processo di autentico, negativo, “revisionismo storico”, passa sia per la lettura strumentale della storia, sia per le iniziative che intendono muoversi sul terreno del ricordo, della memoria e del simbolico. Dacic ha ricordato che vi sono annunci che indicano l’intenzione, da parte delle autorità cittadine, di erigere un monumento in onore di Francesco Ferdinando a Sarajevo, aggiungendo che questo potrebbe rappresentare una “sanzione” della revisione della storia in atto e che deve essere evitato. Ha infine ricordato che Gavrilo Princip e gli altri partecipanti ai fatti di Sarajevo non erano solo serbi, ma membri del movimento jugoslavo, per l’unità degli Slavi del Sud, che ha raccolto molti croati e molti musulmani.  

Questo è il motivo per cui è importante, per preservare una memoria corretta e limpida degli eventi che hanno avuto luogo cento anni fa, ricordare e illustrare i contenuti degli eventi e il reale svolgimento dei fatti e trasferirli correttamente presso le più giovani generazioni. Non va dimenticato che i serbi sono stati tra le maggiori vittime nella prima guerra mondiale e hanno dovuto affrontare, in quella circostanza, il peggior ultimatum che un Paese abbia potuto, sino a quel momento, imporre a un altro Stato.  

Le maggiori potenze dell’epoca hanno preso parte all'aggressione alla Serbia, e la Serbia avrebbe continuato a subire aggressioni a sfondo imperialistico anche negli anni a seguire, come dimostrano l’invasione e il bombardamento di Belgrado ad opera dei Nazisti nel 1941, nel corso della seconda guerra mondiale, e l’ultimatum di Rambouillet e l’aggressione della NATO contro l’intera Serbia nel 1999, guerra per la quale si stimano danni complessivi per oltre cento miliardi di dollari. Per intendersi, l’intero Prodotto Lordo della Serbia, nel 2013, è di poco superiore ai quaranta miliardi di dollari.  

Tutto questo ovviamente non intende mettere in discussione la “buona fede” di chi, animato sinceramente dalla volontà di offrire un contributo fattivo alla promozione di un percorso internazionale di pace e giustizia, ha inteso confermare la propria adesione all’evento, tra cui, anche alcune associazioni italiane impegnate sul tema della pace e della nonviolenza. È semmai il “combinato disposto” dei detti, inaccettabili, presupposti e del susseguente, preoccupante, panorama di supporter, a dare ragione a quanti, giudicando inammissibile che attori poco limpidi o apertamente compromessi con le politiche dominanti di guerra e di aggressione, possano farla da protagonisti, ne hanno preso le distanze.  

USAID è il sostenitore e lo sponsor principale delle organizzazioni bosniache che coordinano il processo; l’Open Society di George Soros è tra i principali supporter e finanziatori di una ampia platea di organizzazioni e fondazioni che sono sin dall’inizio nella rete dei promotori dell’evento; alcuni tra i protagonisti hanno tra i propri sponsor e supporter, sia a livello di organizzazioni sia a livello di progetti, ambasciate straniere non esattamente indifferenti al passato (storico e recente) e al presente della complessa vicenda di guerra dei Balcani, tra cui l’Austria e in particolare la Francia e la Germania.  

Quest’ultima, come è stata il principale sponsor delle secessioni unilaterali che, tra il 1991 e il 1992, hanno inaugurato la stagione lunga e sanguinosa della disgregazione della Jugoslavia, è oggi il principale finanziatore della “cabina di regia” istituzionale che sovra-intende al complesso delle celebrazioni del centenario e uno dei motori della ridda di eventi che sono in cartellone al 2014. Se tale è l’inaugurazione di un nuovo secolo all’insegna di “pace e nonviolenza”, c’è davvero poco di cui nutrire speranza.
 

Nessun commento:

Posta un commento