mercoledì 11 dicembre 2024

I musei per la pace

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L'ultimo testo scritto da Gianmarco Pisa. 
 
Recensione del libro "Le porte dell’arte. I musei come luoghi della cultura tra educazione basata negli spazi e costruzione della pace". I musei per la pace promuovono attivamente la risoluzione dei conflitti, educando alla nonviolenza e ai diritti umani.
 
25 novembre 2024
 
In un'epoca di guerre i musei per la pace sono luoghi preziosi per costruire ponti di dialogo fra le culture e i popoli. Questo è il cuore pulsante del libro Le porte dell’arte. I musei come luoghi della cultura tra educazione basata negli spazi e costruzione della pace, scritto da Gianmarco Pisa, edito da Multimage.

Il testo esplora come i musei possano evolvere da semplici contenitori di patrimonio a veri e propri protagonisti della società. Secondo la definizione dell’ICOM (Consiglio internazionale dei musei), un museo non è solo un archivio di beni culturali, ma uno spazio aperto e inclusivo, che promuove diversità, sostenibilità e partecipazione. Pisa spinge questa visione oltre, descrivendo i “musei per la pace” come laboratori di incontro e di educazione alla cittadinanza, in grado di trasformare le eredità culturali in percorsi di dialogo e collaborazione.

Attraverso esempi concreti, come i progetti nei territori del post-conflitto in Jugoslavia e l’impegno dei Corpi civili di pace in Kosovo, il libro dimostra come la cultura possa essere strumento di riconciliazione e speranza. I musei per la pace, infatti, non solo conservano e interpretano il patrimonio culturale, ma promuovono attivamente la risoluzione dei conflitti, educando alla nonviolenza e ai diritti umani.

La Convenzione di Faro, citata nel volume, rafforza questa prospettiva. Essa definisce l’eredità culturale come un riflesso vivo delle tradizioni e dei valori delle comunità, e i musei diventano così catalizzatori di progetti condivisi, rafforzando il legame tra memoria storica e azione futura. 

Un esempio in tal senso è il Museo di Trieste. Una rete estremamente importante è l'International Network of Museums for Peace (INMP).

Questo libro è una chiamata all’azione per chi crede nella cultura come forza trasformativa. Leggere questo libro significa aprire una finestra su musei che non sono solo luoghi di conoscenza ma che luoghi di pace e di memoria condivisa.

Scopri di più sul libro su Multimage e inizia il tuo viaggio verso la cultura come strumento di pace.

Link al testo originale: https://www.peacelink.it/storia/a/50436.html 


martedì 3 settembre 2024

Trame di Pace: Laboratori e Letture per un Futuro Condiviso

 
IoCiSto APS Presidio Permanente di Pace 
Trame di Pace: Laboratori e Letture per un Futuro Condiviso
 
Quest’autunno unisciti a IoCiSto e al suo Presidio Permanente di Pace per condividere assieme un progetto di consapevolezza e formazione sui temi della convivenza non violenta nelle nostre comunità.

Sono passi di pace, che ci porteranno dal 21 settembre (Giornata Mondiale della Pace) al 10 dicembre (Giornata Mondiale dei Diritti Umani).
 
Un viaggio attraverso 7 incontri pensati per riflettere insieme su temi cruciali come la pace, la gestione dei conflitti e il giornalismo nonviolento. 

Programma:
 
21 settembre 2024
12:00
 Evento in Piazza e Presentazione del Progetto
 Piazzetta Aldo Masullo Vomero ( piazza Fuga)
16:00 - 20:00
 Laboratorio interattivo e di gruppo per adulti “La Fabbrica della Pace”
 Libreria IoCiSto
Solo per questo evento è prevista prenotazione scrivendo una mail a
sportellopsiche@gmail.com
 
 06 Ottobre 2024 | 11:00 - 13:00
 Presentazione: “Pace e superamento dei conflitti”
Con Gianmarco Pisa, autore di “Di terra e di pietra. Forme estetiche negli spazi del conflitto, dalla Jugoslavia al presente"
 Libreria IoCiSto
 
 20 Ottobre 2024| 11:00 - 13:00
 Presentazione: “Obiezione di coscienza”
Con Claudio Pozzi, autore di “Uno spicchio di cielo dietro le sbarre. Diario dal carcere di un obiettore di coscienza al servizio militare negli anni ‘70"
 Libreria IoCiSto
 
 10 Novembre 2024| 11:00 - 13:00
 Presentazione: “Conflitti dimenticati”
Con Giuliana Cacciapuoti, "Sudan e ancora"
 Libreria IoCiSto
 
 17 Novembre 2024| 11:00 - 13:00
 Presentazione: “Conflitti nelle relazioni”
Con Maria La Bianca, autrice di “Con nome e cognome"
e Elena Opromolla, autrice di “Olena"
 Libreria IoCiSto
 
 01 Dicembre 2024 | 11:00 - 13:00
 Presentazione: “Le parole per la pace”
Con Antonio Casano e Daniela Musumeci, curatori di “Pace oltre frontiere"
 Libreria IoCiSto
 
 10 Dicembre 2024| 18:00 - 20:00
 Laboratorio di giornalismo nonviolento
A cura di Olivier Turquet 
 Libreria IoCiSto
 
Dove? 
Presso la Libreria IoCiSto, Via Cimarosa 20 (Piazzetta Aldo Masullo) Napoli
un luogo di cultura e dialogo, perfetto per esplorare questi temi profondi.
 
Perché partecipare?
Per contribuire attivamente alla costruzione di un mondo più pacifico e consapevole.
 
Ti aspettiamo per resistere insieme!
https://www.facebook.com/reel/1460090808001715 

martedì 7 maggio 2024

Cultura di Pace, peacebuilding, e Corpi Civili di Pace

Monumento alla Pace (1992), Kruševac, Serbia, foto di Gianmarco Pisa


L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato (2 maggio 2024) il testo in occasione della celebrazione dei 25 anni della storica Dichiarazione sulla cultura di pace, con lo scopo di delineare l’importanza degli sforzi collettivi per promuovere una cultura di pace in un mondo drammaticamente segnato da crisi e conflitti armati. Il progetto di risoluzione “Sviluppo della Dichiarazione e Programma d’azione per una cultura di pace” (A/78/L.57) propone diverse attività e iniziative in occasione dell’anniversario della Dichiarazione, inclusa la convocazione di un forum ad alto livello nel contesto della settantottesima sessione dell’Assemblea Generale.

Durante il dibattito, il rappresentante della Repubblica Bolivariana del Venezuela, parlando a nome del Gruppo di amici in difesa della Carta delle Nazioni Unite, ha messo in guardia dal giustificare erroneamente il razzismo, la discriminazione razziale e l’incitamento all’odio con il pretestuoso riferimento alla “libertà di espressione” e ha condannato il sentimento antireligioso, l’esaltazione del fascismo e del nazismo e la stigmatizzazione dei migranti. Nelle sue dichiarazioni, “promuovere la comprensione e il rispetto tra le varie culture e le diverse religioni è di fondamentale importanza nella nostra ricerca condivisa della pace globale”.

Il progetto di risoluzione A/78/L.57, presentato su iniziativa di Bangladesh, Kiribati, Qatar, Federazione Russa, Turkmenistan e Tanzania, ricorda l’importanza della Dichiarazione e del Programma d’azione per una cultura di pace, adottati dall’Assemblea Generale il 13 settembre 1999, che, a loro volta, esprimono il mandato universale della comunità internazionale, in particolare del sistema delle Nazioni Unite, nella promozione di una cultura della pace e della nonviolenza a beneficio dell’umanità, in particolare per le generazioni future.

Si afferma che “tutti gli sforzi compiuti dal sistema delle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale complessivamente intesa per la prevenzione dei conflitti, la risoluzione pacifica delle controversie, il mantenimento della pace, la costruzione della pace, la mediazione, il disarmo, lo sviluppo, la promozione della dignità umana e dei diritti umani, la democrazia, lo stato di diritto, l’inclusione sociale e l’uguaglianza di genere contribuiscono significativamente a una cultura di pace”. In questo senso, “gli sforzi volti a costruire e sostenere la pace (“peacebuilding”) devono tenere conto della promozione di una cultura di pace e viceversa”.

Si incoraggia l’architettura del peacebuilding delle Nazioni Unite a continuare a promuovere la costruzione della pace e le attività di pace, come delineato nelle risoluzioni 72/276 e 75/201, e a promuovere una cultura di pace e di nonviolenza negli sforzi di peacebuilding post-conflitto, riconoscendo altresì l’importante ruolo della “Commissione per il Peacebuilding” delle Nazioni Unite. Qui, nella risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 21 dicembre 2020 (Review of the United Nations peacebuilding architecture, 75/201), si mette in evidenza che “il ‘sostenere la pace’ va inteso come obiettivo e come processo per costruire una visione comune di società, garantendo che i bisogni di tutti i segmenti della popolazione siano presi in considerazione, per prevenire lo scoppio, l’escalation, la continuazione dei conflitti, nell’affrontare le cause profonde, assistere le parti in conflitto per porre fine alle ostilità, garantire la riconciliazione nazionale e procedere verso la ripresa, la ricostruzione e lo sviluppo, e sottolineando che il ‘sostenere la pace’ è un compito prioritario e una responsabilità condivisa che devono essere soddisfatti dai governi e da tutti gli altri soggetti interessati”.

Il progetto di risoluzione esprime poi “l’urgente necessità di promuovere e rafforzare la diplomazia preventiva, tra l’altro, attraverso il multilateralismo, la cooperazione internazionale e il dialogo politico, e sottolineando il ruolo cruciale delle Nazioni Unite”, adottando “un approccio olistico alle dimensioni trasversali della pace, dello sviluppo, dell’azione umanitaria e dei diritti umani al fine di prevenire il ripetersi di conflitti e violenze”. Si tratta anche di “esplorare meccanismi e strategie, in particolare nella sfera delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, per l’attuazione della Dichiarazione e avviare sforzi di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza del Programma d’azione e dei suoi ambiti di iniziativa finalizzati alla loro attuazione”. Si tratta di una eco significativa della storica “Agenda per la Pace” (1992) con i quattro ambiti di impegno del “lavoro di pace”: peace-making, peace-keeping, peace-building e, appunto, la diplomazia preventiva.

Il Programma d’azione (A/53/243) prevede infatti otto ambiti prioritari: cultura della pace attraverso l’educazione; sviluppo economico e sociale sostenibile; rispetto dei diritti umani (“tutti i diritti umani per tutti e per tutte”); parità tra donne e uomini; partecipazione democratica; comprensione, tolleranza e solidarietà; comunicazione partecipativa e libero flusso e scambio delle informazioni e delle conoscenze; pace e sicurezza internazionale. In questo senso, al livello di società civile, il ruolo delle iniziative e dei Corpi civili di pace, quale espressione specifica, autonoma, della società civile, opportunamente formata e preparata, ai fini della prevenzione della violenza, della mediazione e della costruzione della fiducia, della costruzione della pace, resta fondamentale e interseca gli otto ambiti prioritari: dall’educazione alla pace alla tutela dei diritti umani; dalla promozione dello sviluppo alla facilitazione dei processi partecipativi; dal supporto alle forze locali di pace al giornalismo di pace; dall’accompagnamento protettivo all’impegno nel consolidamento degli attori civili di pace.

Riferimenti:

“Follow-up to the Declaration and Programme of Action on a Culture of Peace” (A/78/L.57):
https://undocs.org/A/78/L.57

“Review of the United Nations peacebuilding architecture” (A/RES/75/201):
https://undocs.org/en/A/RES/75/201

Declaration and Programme of Action on a Culture of Peace (A/RES/53/243):
https://undocs.org/en/A/RES/53/243

martedì 20 febbraio 2024

Johan Galtung (24 ottobre 1930 - 17 febbraio 2024)

International Students’ Committee, Johan Galtung in May 2011 at the 41. St. Gallen Symposium, University of St. Gallen, via Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0

 
Con la scomparsa di Johan Galtung, l’intera comunità degli uomini e delle donne amanti della pace, e della «pace con giustizia», e al suo interno la comunità, di elaborazione e di pratiche, degli operatori e delle operatrici di pace, a tutte le latitudini, è, da oggi, più sola. Se ne va una figura essenziale, seminale, un imprescindibile, della modalità con la quale guardiamo (e interpretiamo) i conflitti, micro, meso, macro, persino mega, come talvolta amava richiamare, e della modalità con la quale interveniamo (e trasformiamo) nei conflitti, alimentando, sul sentiero della ricerca e dell’azione da lui tracciato, la speranza del “trascendimento”.

Nato a Oslo nel 1930, dottore di ricerca in matematica (1956) e in sociologia (1957), è stato docente di Scienze per la pace ed esperto nella mediazione e risoluzione dei conflitti. È il creatore del Metodo Transcend per il trascendimento dei conflitti e il fondatore della Rete Transcend per la pace, lo sviluppo e l’ambiente, nonché, precedentemente, dell’Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Oslo (1959) e del Journal of Peace Research (1964). Ha insegnato in numerose università in tutto il mondo, ad esempio ad Oslo, Berlino, Parigi, a Santiago del Cile, a Buenos Aires, ma anche a Princeton, alle Hawaii, e ad Alicante. È stato professore onorario alla Freie Universität di Berlino (1984-1993), dal 1993 professore illustre di Studi sulla pace alla Università delle Hawaii e dal 2005 illustre “visiting professor” presso la John Perkins University.

Il suo impegno si è svolto sia nel campo della ricerca sia nell’ambito della mediazione e della risoluzione dei conflitti. Sono oltre 150 i conflitti, sia di carattere internazionale, sia di ambito sociale, in cui è stato impegnato. È autore di 96 libri e di oltre 1700 tra articoli e capitoli. Tra i vari riconoscimenti, ha conseguito nel 1987 il «Right Livelihood Award», il Nobel per la Pace alternativo e, tra i più recenti, il titolo di laurea honoris causa in scienze politiche presso la Universidad Complutense di Madrid (2017). Importantissima, d’altro canto, anche la sua frequentazione italiana: indimenticabile la lectio magistralis da lui tenuta al convegno del Centro Studi SOUQ del 13 dicembre 2013, nell’Aula magna dell’Università degli Studi di Milano; non meno indimenticabile la sua lectio magistralis (“Necessità e importanza di un Centro per la prevenzione dei conflitti armati”) in occasione del Convegno nazionale su “La prevenzione dei conflitti armati e la formazione dei corpi civili di pace”, tenuto a Vicenza il 3-5 giugno 2011 e che rappresentò un contributo decisivo per rilanciare il percorso per la costruzione dei corpi civili di pace e per riaffermare l’importanza cruciale della formazione degli operatori e delle operatrici. Fu, al tempo stesso, un vero e proprio incontro di pace e di cittadinanza.

Con lui se ne va la figura, sia consentita una simile digressione, di un vero e proprio “rivoluzionario”: per le sue teorie, profonde e innovative, riguardanti l’analisi “sul” conflitto e l’intervento “nel” conflitto, e in quanto fonte di ispirazione nei vasti campi della costruzione della pace. Il suo contributo sull’importanza determinante, retroagente, degli orientamenti culturali (attitudes) e delle contraddizioni strutturali (contradictions) nella dinamica dei conflitti; la sua interpretazione del conflitto come manifestazione di “incompatibilità” causate dall’azione di «culture profonde» e «strutture profonde»; il suo approccio, olistico e razionale, alla dinamica del conflitto e alla costruzione della pace, restano contributi decisivi sui quali si fonda una moderna ricerca per la pace, e a partire dai quali occorre impostare una coerente iniziativa di trasformazione e di trascendimento.

Tanto è arduo sintetizzare in poche righe il contributo di Galtung alla ricerca e alla prassi della costruzione della pace, quanto è impensabile tacere di altri suoi contributi, per alcuni versi più specifici, per altri più generali, della sua elaborazione intellettuale, della sua ricerca concreta. Nessun operatore o operatrice di pace potrebbe oggi fare a meno degli elementi fondamentali indicati da Galtung per il lavoro di pace: empatia, nonviolenza, creatività. La creatività (innovazione) concepita come «la capacità di andare oltre le cornici mentali delle parti in conflitto, aprendo la strada a nuove modalità di concepire la relazione sociale». L’empatia (sentire insieme) intesa come «la capacità di una comprensione profonda ... dell’Altro». La nonviolenza, in definitiva, come «la duplice capacità di resistere alla tentazione di affidarsi alla violenza e di proporre soluzioni nonviolente concrete». Questa capacità agisce sia ai fini della risoluzione del conflitto, sia nella prevenzione della violenza.

Attraverso questa filigrana, si legge un altro contributo imprescindibile ispirato da Galtung per il lavoro di tutti gli attivisti e le attiviste e di tutti i sinceri amanti della «pace con giustizia», un contributo cui l’intera, vasta e plurale, comunità di Pressenza, mai potrebbe restare indifferente: il “giornalismo di pace”. «Per parlare di giornalismo di pace, bisogna parlare di pace. Per parlare di pace, bisogna parlare di conflitti e della loro risoluzione. Per parlare di risoluzione dei conflitti, bisogna parlare del profondo coinvolgimento degli Stati Uniti in molti conflitti globali. Il ruolo del giornalismo non è solo quello di raccontare il mondo, ma anche di rendere gli attori chiave - Stati, capitali, persone - trasparenti gli uni agli altri. Il ruolo del giornalismo di pace è quello di identificare le forze e le controforze a favore e contro la pace e di renderle visibili con la loro dialettica, creando risultati che potrebbero rappresentare potenziali soluzioni» (Galtung, 2015).

Ci lascia un patrimonio, di ricerche e di pratiche, vastissimo per quantità e inestimabile per qualità. Il suo Metodo Transcend è stato tradotto in italiano grazie al prezioso lavoro degli amici e delle amiche del Centro Studi Sereno Regis (Torino, 2006); il Centro Gandhi ha pubblicato il saggio Alla scoperta di Galtung (Pisa, 2017); l’Università di Pisa il suo Affrontare il conflitto. Trascendere e trasformare (Pisa, 2014). Se ne va un grande costruttore di pace; resta il suo messaggio prospettico, profondo, di nonviolenza, di pace e di giustizia.