Foro Juvenil Martiano, La Habana, Cuba, 2023, foto di G. Pisa |
Forse poco nota, ma di importanza essenziale per il contenuto cui allude, la Giornata Mondiale della Giustizia Sociale è una delle ricorrenze del calendario civile internazionale, indetta dalle Nazioni Unite nel 2007 allo scopo di promuovere i temi dell’inclusione, della eguaglianza e della giustizia sociale quali contenuti essenziali di avanzamento della democrazia e fattori imprescindibili per un quadro di effettiva tutela dei diritti umani, di «tutti i diritti umani per tutti e per tutte», nelle loro diverse generazioni, di forma inscindibile e universale. Nella corrispondente risoluzione, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite «riconosce la necessità di consolidare ulteriormente gli sforzi della comunità internazionale ai fini della eliminazione della povertà e della promozione della piena occupazione e del lavoro dignitoso per tutti, della parità di genere e dell’accesso per tutti al benessere sociale e alla giustizia».
Nel documento, vale a dire la risoluzione dell’Assemblea Generale A/RES/62/10 del 26 novembre 2007, viene riconosciuto, sin nell’art. 1, che «lo sviluppo sociale e la giustizia sociale sono indispensabili per il conseguimento e il mantenimento della pace e della sicurezza all’interno e tra le nazioni e, a loro volta, lo sviluppo sociale e la giustizia sociale non possono essere raggiunti in assenza di pace e sicurezza o in assenza del rispetto di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» per tutti e per tutte. Pone cioè in evidenza, elemento quest’ultimo di decisiva importanza, almeno tre fattori cruciali.
Il primo: la giustizia sociale costituisce un caposaldo di civiltà, non solo nel senso della protezione sociale delle persone e del contrasto alle sperequazioni e alle diseguaglianze, ma in particolare nel senso del riconoscimento della dignità delle persone e della costruzione di società compiutamente democratiche. Il secondo: il nesso tra sviluppo sociale e giustizia sociale, da un lato, e diritti umani e libertà fondamentali, dall’altro, non può essere scisso o intaccato, attestando, per questa via, l’universalità e l’indivisibilità di tutti i diritti umani per tutti e per tutte e riconoscendo che, come astratti e diseguali sarebbero i diritti di libertà senza la piena affermazione dei diritti materiali (economici, sociali e culturali), così imperfetti e incompiuti sarebbero i diritti sociali senza il pieno riconoscimento dei diritti di libertà (civili e politici).
Il terzo aspetto è non meno importante ed è anzi un vero e proprio fondamento, teorico e pratico, dell’impegno degli operatori e delle operatrici di pace, dei difensori e delle difensore dei diritti umani e della stessa nozione di “pace positiva”: vale a dire che, per quanto necessaria, la pace negativa (pace come assenza, assenza di guerra, di oppressione, di violenza), non è sufficiente, se non integrata e trascesa dal concetto di pace positiva (pace come pienezza, affermazione della pace con democrazia efficace, diritti umani e, per l’appunto, giustizia sociale).
Il tema della giustizia sociale, come istanza e diritto collettivo, diventa quindi un tema cruciale, non solo in senso economico e sociale, ma anche nel senso della lotta contro la guerra e per la pace. Torna qui il riferimento al “padre” della moderna ricerca per la pace, Johan Galtung, che a lungo, e con profondità, si è soffermato sul nesso tra pace e giustizia e sulla costruzione della pace positiva. In una sua importante dissertazione di qualche tempo fa, Galtung ricordava che «la parola “giustizia” ha quattro significati molto diversi: entro la giustizia giudiziaria, c’è la giustizia punitiva ma anche quella restaurativa; ed entro la giustizia sociale, c’è la giustizia distributiva ma anche quella equitativa. Nella seconda, è automatica, incorporata, un’interazione per costi e benefici mutui e uguali».
Si pone così una distinzione tra la giustizia “procedurale”, giudiziaria, e la giustizia “effettiva”, sociale. E, in generale, si riconosce che «le iniquità producono ineguaglianze che danno adito a rivolte – che riescano poi come rivoluzioni, sovvertendo effettivamente gli ordini sociali, è altra faccenda. Le enormi diseguaglianze, come l’1% negli Stati Uniti che controlla il 40% della ricchezza, e la bassa mobilità inter-generazionale, vengono avvertite entro e fra i vari Paesi. Qualche anno fa, la crescita del PIL era attorno al 2.8%, e la crescita della disuguaglianza – il rapporto di potere d’acquisto fra il vertice sociale e la base in fondo – era circa il 3.2%. La crescita non compensava il destino del quintile in basso, e ora il fondo di quel fondo sta morendo al tasso di circa 125.000 al giorno; 25.000 di fame e 100.000 di malattie evitabili-curabili se solo si disponesse del denaro necessario. Un mondo malvagio, per come lo vivono miliardi di persone». La costruzione, impiantata in progetti e politiche e orientata da una visione e da una prospettiva, della giustizia sociale è dunque essenziale per la rigenerazione del tessuto delle relazioni, per il superamento delle sperequazioni e delle ingiustizie, ormai sempre più pronunciate e insopportabili, in definitiva, per la costruzione della pace.
La risoluzione dell’Assemblea Generale individua questo elemento di contraddizione nel successivo art. 3, mettendo in evidenza come i processi di mondializzazione, se da un lato «aprono nuove opportunità attraverso il commercio, gli investimenti e i progressi tecnologici, compresa la tecnologia dell’informazione, per la crescita dell’economia e lo sviluppo e il miglioramento degli standard di vita in tutto il mondo», dall’altro alimentano crescenti sfide e tensioni quali «gravi crisi finanziarie, insicurezza, povertà, esclusione e disuguaglianza all’interno e tra le società e notevoli ostacoli all’ulteriore integrazione e alla piena partecipazione all’economia-mondo per i Paesi in via di sviluppo e alcuni Paesi con economie in transizione».
Si tratta, tra l’altro, di uno degli elementi messi in luce nella recente Conferenza Internazionale “Per l’Equilibrio del Mondo”, promossa dall’Officina del Programma Martiano a Cuba a fine gennaio, dove le questioni dell’equilibrio internazionale, di rapporti di cooperazione e non di competizione per promuovere solidarietà e pace, e relazioni equilibrate e paritarie tra Paesi e popoli del mondo, nella prospettiva, che sempre più si va affermando, di un mondo multipolare sono state al centro dei seminari e delle tavole rotonde. Tre sono le questioni emergenti che si vanno delineando. In primo luogo, lo sviluppo di un pensiero e di un confronto tra punti di vista ed esperienze politiche e intellettuali per la definizione di un rinnovato «equilibrio del mondo», all’insegna della giustizia, della solidarietà e del multipolarismo, contro l’egemonismo, l’imperialismo e il neo-colonialismo che ancora caratterizzano le politiche di dominio delle potenze e mettono a rischio i diritti dei popoli e la sopravvivenza del pianeta.
Quindi, l’approfondimento delle questioni, politiche e culturali, afferenti alle contraddizioni del presente, dalle sfide che si affacciano all’iniziativa dei movimenti politici e sociali alle questioni del dialogo, della cooperazione e della diversità culturale; dalla lotta contro la guerra, per la pace e per il disarmo nucleare alle grandi questioni del multilateralismo «come meccanismo indispensabile per l’equilibrio mondiale» e della integrazione «come necessità per affrontare le sfide del mondo contemporaneo»; dalla difesa dell’ecosistema alle politiche culturali; dalle arti «nella formazione di una spiritualità attiva e di una cultura della resistenza» alle scienze come presupposto di rinnovata inclusione e di benessere «di tutti e per tutti». In terzo luogo, lo sviluppo di un confronto capace di attraversare la politica e di richiamare all’impegno collettivo sulle grandi sfide dell’attualità, «in uno scenario nel contesto del quale contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica per creare consapevolezza contro i mali che affliggono l’umanità e che mettono a rischio l’esistenza stessa della nostra specie».
Come ricordò lo stesso Fidel Castro, nel suo discorso di chiusura della prima conferenza del 2003: «Perché non osiamo affermare che non può esserci democrazia, libera scelta o autentica libertà, tra spaventose disuguaglianze, ignoranza, analfabetismo, mancanza di conoscenza e una stupefacente assenza di cultura politica, economica, scientifica e artistica a cui possono accedere, anche all’interno dei Paesi sviluppati, solo minuscole minoranze, inondando il mondo con milioni di dollari di pubblicità commerciale e di consumo, che avvelena le masse con il desiderio di sogni e desideri inaccessibili, che porta allo spreco, all’alienazione e all’inesorabile distruzione delle condizioni naturali della vita umana?».
In quel momento, a ridosso degli anni Novanta e con la fine della contrapposizione bipolare, cessato l’equilibrio tra le superpotenze, si andava affermando il più grave squilibrio del mondo, con l’affermazione di un’unica superpotenza planetaria. Al pensiero e alla pratica dell’egemonismo e del dominio si contrappongono dunque il pensiero e la pratica democratica e internazionalista, nel senso del dialogo tra le culture e non delle scontro di civiltà, e in questo senso incontrano l’esperienza storica e politica del socialismo cubano, quale prassi reale di socialismo con una profonda base, al tempo stesso, marxiana e martiana, internazionalista e umanista.
L’obiettivo della Giornata Mondiale della Giustizia Sociale resta, dunque, come recita ancora la risoluzione dell’Assemblea Generale, sostenere e alimentare «gli sforzi della comunità internazionale volti alla eliminazione della povertà e alla promozione della piena occupazione e del lavoro dignitoso, della parità di genere e dell’accesso al benessere sociale e alla giustizia sociale per tutti e per tutte». Questa eco torna anche nel tema scelto per la Giornata Mondiale di questo 2023: «Overcoming Barriers and Unleashing Opportunities for Social Justice» (Superare barriere e creare opportunità per la giustizia sociale), con l’obiettivo di rafforzare il dialogo tra attori nazionali e internazionali, gli Stati membri, le parti sociali, la società civile, le organizzazioni delle Nazioni Unite e tutti gli altri soggetti interessati sulle azioni necessarie per rafforzare il contratto sociale distrutto a causa dell’aumento delle diseguaglianze, dei conflitti e della debolezza delle istituzioni che hanno lo scopo di proteggere e tutelare i diritti dei lavoratori.
Come riporta il sito dedicato alla Giornata, «lo sviluppo sociale e la giustizia sociale sono indispensabili per il raggiungimento e il mantenimento della pace e della sicurezza ... e, a loro volta, lo sviluppo sociale e la giustizia sociale non possono essere raggiunti in assenza di pace e sicurezza, o in assenza del rispetto per tutti i diritti umani e le libertà fondamentali».
Riferimenti:
UN World Day of Social Justice: www.un.org/en/observances/social-justice-day
Johan Galtung, Ten Social Justice Trends Changing the World, 41.St Gallen Symposium, 11-13 maggio 2012: www.transcend.org/tms/2012/01/ten-social-justice-trends-changing-the-world
Discorso di Fidel Castro in chiusura della Conferenza “Por el Equilibrio del Mundo”, 29 gennaio 2003: www.fidelcastro.cu/es/discursos/clausura-de-la-conferencia-internacional-por-el-equilibrio-del-mundo-en-homenaje-al-150