Beny Shlevich - www.flickr.com/photos/shlevich/37431682 CC BY SA 2.0 - commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1307789 |
Nella recente visita istituzionale in Ucraina, il presidente israeliano Isaac Herzog ha tenuto un vero e proprio “discorso memoriale”, la cui valenza politica pare evidente, per commemorare l’ottantesimo anniversario del massacro di Babi Yar, una pagina non particolarmente nota tra i molti episodi di violenze e massacri condotti dai nazisti, in tempo di guerra, non solo nei territori dell’Europa centrale e orientale. Molto significativo, per rappresentare propriamente il “carattere memoriale” del discorso, il fatto che queste parole siano state pronunciate nel contesto del costituendo Babi Yar Holocaust Memorial, che si annuncia essere, quando sarà ultimato, uno dei più grandi in assoluto e senza dubbio il più grande tra gli istituti memoriali (uno specifico “luogo della memoria” anche con scopi di ricerca ed educazione delle giovani generazioni) nell’Europa orientale.
«Della maggior parte delle vittime di Babi Yar non rimane traccia. Nessun nome, nessun ricordo. […] È tempo di ricordare, ed è per questo che siamo qui oggi», è stato uno dei passaggi del discorso, così come riportato dalla stampa. D’altra parte, la realizzazione del Memorial è stata giudicata «un capitolo importante nella storia dell’Ucraina e di Israele, dell’Ucraina e del popolo ebraico». Del resto, prima ancora della partenza per la visita istituzionale, una dichiarazione rilasciata dal gabinetto presidenziale ammoniva a «non dimenticare il terribile massacro di Babi Yar, in cui furono sterminati 33.000 ebrei ...: uomini, bambini, anziani e donne». Indubitabile, del resto, la portata e la gravità di questo, tra i tanti, eccidio: il massacro è considerato il maggiore compiuto dai nazisti e dai loro collaborazionisti nel corso dell’invasione ai danni dell’Unione Sovietica, ed è, in tal senso, l’episodio più grave tra gli eccidi nazisti, dopo il massacro di Odessa (oltre 50.000 ebrei massacrati nell’ottobre del 1941 ad opera delle truppe tedesche e rumene) e l’Aktion Erntefest (oltre 40.000 ebrei massacrati a Lublino e nei campi di Majdanek, Poniatowa e Trawniki da parte delle SS e delle formazioni paramilitari naziste del “Sonderdienst” ucraino tra il 3 e il 4 novembre del 1943). Vittime di eccidi nazisti in terra ucraina - e non solo - furono prigionieri di guerra, comunisti e antifascisti, nazionalisti e minoranze nazionali. Pesanti ovunque le responsabilità dei collaborazionisti, tra cui i fascisti italiani, come documenta l’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia circa le stragi compiute da nazisti e fascisti contro il popolo italiano, tra il 1943 e il 1945.
In uno dei passaggi del discorso, è stata dedicata una riflessione di portata più complessiva circa la necessità di ricordare “la storia del popolo ebraico” (in Ucraina e non solo) «con pogrom e uccisioni che hanno avuto luogo e sono continuati fino al terribile massacro di Babi Yar». La vicenda dell’antisemitismo in Europa ha infatti una storia lunga e drammatica e, di volta in volta in forme nuove e diverse, episodi o eventi di carattere antisemita non cessano di destare inquietudine e preoccupazione in diversi Paesi (tra cui l’Italia) del continente. Il Babi Yar Holocaust Memorial si propone, sotto questo aspetto, di diventare un luogo “della memoria e del rispetto” e programma di ospitare un complesso museale, una biblioteca/mediateca, un archivio, uno spazio dedicato alla ricerca e un luogo di preghiera multi-religioso (chiesa, moschea, sinagoga, e anche un luogo dedicato alla spiritualità non confessionale) e una piattaforma multimediale, anche per programmi educativi.
Nel 2018, su richiesta della Commissione Europea, l’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali, con sede a Vienna, ha condotto un’indagine sulle percezioni e sugli episodi riferiti dai cittadini ebrei europei relativi a crimini d’odio, discriminazione e antisemitismo in 12 Paesi membri della UE, vale a dire Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svezia e, all’epoca, Gran Bretagna che, nel loro insieme, ospitano oltre il 95% della popolazione ebraica europea. L’indagine, ampiamente rappresentativa, ha raggiunto 16.395 persone, di età superiore ai sedici anni, che si identificano come ebrei («self-identified Jewish people»). Nove ebrei su dieci (89%) ritengono che l’antisemitismo sia aumentato nel loro Paese, otto su dieci (85%) considerano l’antisemitismo un problema serio; considerano l’antisemitismo particolarmente grave su internet e nei social media (89%), ma anche negli spazi pubblici (73%), nei media tradizionali (71%) e nella vita politica (70%). Sono inoltre indicate alcune tra le dichiarazioni con connotati antisemiti più comuni - del tipo «gli israeliani si comportano come i nazisti nei confronti dei palestinesi» (51%), «gli ebrei hanno troppo potere» (43%) o «gli ebrei sfruttano il vittimismo della Shoah per i propri scopi» (35%); anche in questo caso, risulta dall’indagine che tali espressioni siano più comuni online (80%), decisamente più frequenti online che nei media tradizionali (56%) o in manifestazioni politiche (48%).
L’indagine rileva che uno su quattro (28%) ha subito molestie riconducibili all’antisemitismo o di carattere antisemita e quattro su dieci (40%) si dicono preoccupati di subire un’aggressione di matrice antisemita; preoccupante anche il dato dell’indagine per cui uno su tre (34%) dice di evitare di partecipare a eventi o visitare siti ebraici perché non si sente al sicuro “come ebreo” quando si trova sul posto o durante il viaggio. Molto significativi anche alcuni dati riguardanti l’Italia: sebbene il 32% ritenga che le autorità contrastino efficacemente l’antisemitismo, oltre il 90% ritiene l’antisemitismo in internet particolarmente problematico. D’altra parte, come pure è stato ricordato, in Germania la vendita di cimeli inneggianti al fascismo e al nazismo è vietata: «Considerando le sofferenze che la Germania ha causato tra il 1933 e il 1945 non c’è alcuna ragione di tutelare il commercio di questi oggetti» come ha ricordato Felix Klein. È anche una questione di democrazia: per contrastare le rinnovate spinte alla criminalizzazione della diversità e delle differenze, le tendenze all’assurda equiparazione tra nazismo e comunismo, i progetti di moltiplicare muri e barriere per separare e respingere.
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