Pristina: Museo del Kosovo |
A partire dalle
osservazioni condivise nel coordinamento della Rete della Pace, la
piattaforma di rete va proposta come strumento di condivisione del
percorso per la “nostra” partecipazione alla Marcia per la Pace (19 Ottobre) e
oltre, ben più che come documento politico-programmatico che
richiederebbe ben altro livello di articolazione e ben più
approfondito confronto sulle varie questioni.
Le macro-aree di
riferimento, con le loro possibili articolazioni e connessioni, sono
le seguenti:
1. Europa, pace e disarmo:
introdotto da una sintetica ricapitolazione del carattere e degli
effetti della crisi economica (strutturale ed organica) nel nostro
continente e degli effetti da essa determinati anche in termini di
riposizionamento e rilancio del complesso militare-industriale, il
tema va declinato sia nel senso delle “promesse mancate”
dell'Europa (una politica condivisa ed inclusiva dell'immigrazione,
una capacità di iniziativa e mediazione autonoma dagli Stati Uniti e
dalla NATO negli scenari di prossimità, una maggiore pro-attività
negli strumenti per il peace-keeping civile non armato), sia nel
senso delle “proposte esigenti” attraverso cui criticarne gli
aspetti più negativi (Frontex, la Politica Europea di Sicurezza e
Difesa e Fortezza Europa, l'integrazione euro-atlantica);
2. la guerra ai confini
dell'Europa: non si tratta di commemorare simbolicamente il
centenario, pure storicamente importante, della Grande Guerra, quanto
piuttosto di attivare politicamente energie e strumenti per declinare
in termini aggiornati ed efficaci il nostro «no alla guerra senza se
e senza ma»; pur senza entrare nell'analisi dei singoli scenari di
guerra per l'insufficiente confronto tra le organizzazioni della rete
e la diversità di posizione intorno alla lettura delle motivazioni
delle crisi in corso, va tuttavia, almeno, richiamato il fatto
che la guerra è giunta ai confini della UE e nel cuore stesso
d'Europa (Ucraina), che l'assenza di una iniziativa politica e
diplomatica della UE contribuisce a deteriorare l'ambiente di pace e
sicurezza nel Mediterraneo (Libia, Siria, Palestina, neo-colonialismo
africano nel Sahel e questioni dei migranti forzati e dei rifugiati
politici), che il semestre europeo deve mettere a frutto le
elaborazioni e sperimentazioni più avanzate delle forze di società
civile in modo da definire un volto nuovo per le politiche di pace e
prevenzione dei conflitti dell'Unione Europea;
3. il Mediterraneo largo e
le questioni delle migrazioni: il Mediterraneo resta un vero e
proprio cimento per l'Europa; non solo nella contingenza tragica
rappresentata dalle stragi dei migranti e dal pericolo che incombe
nella “Fortezza Europa”, ma anche perché costituisce una
“bussola” per un riorientamento complessivo del ruolo
internazionale dell'UE, che vorremmo, infatti, sempre più
mediterraneo e sempre meno atlantico; l'interlocuzione
politico-diplomatica è importante, ma il dialogo aperto tra le
soggettività nonviolente, tra le due sponde del Mediterraneo, può
costituire il fattore chiave per aprire scenari di relazione e
prossimità, superare la logica mercantilistica dell'Euro-Med 5+5,
offrire un campo di elaborazioni e sperimentazioni, basate sui
diritti umani, il ripudio della logica militare e la nonviolenza, per
gli attori democratici delle “primavere arabe”, esperienze e
pratiche utili per il superamento nonviolento dei conflitti, ed
alimentare la speranza per uno Stato di Palestina, libero e sovrano,
nella cornice dei “due popoli due stati”, e di un rinnovato
confronto sul Vicino Oriente;
4. la trasparenza nel
sistema difesa, il controllo sui sistemi d'arma, l'abolizione delle
servitù militari: è un argomento dal profondo contenuto analitico,
sul quale si esercitano rivendicazioni storiche del movimento per la
pace, basti pensare almeno alle campagne più rappresentative
e durature, per la trasparenza del sistema difesa e il monitoraggio
dei bilanci della difesa, per il superamento del modello tradizionale
di difesa militare e aggressiva verso una difesa civile e difensiva,
per una maturazione più intensa, anche all'interno del movimento,
del tema del transarmo, per il controllo dei sistemi d'arma e per
l'abrogazione integrale del programma F-35, per la bonifica e messa
in sicurezza dei siti militari ed il monitoraggio di porti e
piattaforme civili utilizzati anche per il transito di mezzi e
strumenti militari, contro le servitù militari e per la loro
riconversione, unita ad una più sistematica azione di riconversione
civile dell'industria bellica, passando, infine, per le questioni che
riguardano la ridefinizione del ruolo stesso del “militare”,
sempre più impegnato in ambiti non pertinenti (dalle missioni
promozionali della portaerei Cavour ai programmi di “istruzione”
con militari nelle scuole);
5. Difesa Civile,
educazione alla pace e Corpi Civili di Pace: la campagna per la legge
di iniziativa popolare sulla difesa civile può rappresentare, sotto
questo versante, il terreno unificante per storiche rivendicazioni,
tuttora attuali: il potenziamento del servizio civile come difesa
della patria alternativa al militare, il completamento del percorso
normativo per la definitiva istituzione, in Italia, dei Corpi Civili
di Pace come strumenti autonomi di società civile per la prevenzione
e la trasformazione dei conflitti, la realizzazione di un Istituto
Centrale per la Ricerca e la Sperimentazione sui CCP, l'introduzione,
all'indomani della riforma della cooperazione, pur negativa per il suo impianto privatistico ed affaristico, di approcci “conflict
sensitive” nei programmi di cooperazione e di APS, la conferma
della totale distinzione tra area civile ed area militare nel lavoro
di prevenzione dei conflitti, il potenziamento, anche curricolare,
della educazione alla pace nelle scuole e degli “studi per la pace”
e “ricerca per la pace” nelle università.
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